Il nuovo calvario dei 300 “esclusi dall’atto di giustizia”
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Redazione Il Piccolo  
17 Febbraio 2012
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Il nuovo calvario dei 300 “esclusi dall’atto di giustizia”

Tutto esaurito all'auditorium San Filippo per l'assemblea Afeva. Bruno Pesce: "Attendiamo le motivazioni della sentenza". Il sindaco di Occimiano esorta Casale a convocare tutti i Comuni. Resta il "giallo" dei 300 esclusi dal risarcimento. Lunedì nell'incontro Demezzi - Monferino il Centro Amianto all'ordine del giorno

Tutto esaurito all'auditorium San Filippo per l'assemblea Afeva. Bruno Pesce: "Attendiamo le motivazioni della sentenza". Il sindaco di Occimiano esorta Casale a convocare tutti i Comuni. Resta il "giallo" dei 300 esclusi dal risarcimento. Lunedì nell'incontro Demezzi - Monferino il Centro Amianto all'ordine del giorno

“Casale Monferrato è un esempio per tutto il mondo”. Il riconoscimento arriva da una persona che da anni, in condizioni difficili, molto difficili, lotta nel suo Paese per ottenere giustizia per i crimini connessi all’amianto. Fernanda Giannasi, la sindacalista brasiliana, che rappresenta i familiari delle vittime del grande paese sudamericano, in un discreto italiano ha preso la parola in una auditorium San Filippo affollatissimo. L’occasione è stata la annunciata assemblea che Afeva e organizzazioni sindacali avevano convocato dopo la storica sentenza torinese.
Non ci sono stati, però degli acuti particolari o delle nuove clamorose rivelazioni. Ormai i giochi a Torino sono fatti e si guarda già, da un lato, al processo Eternit bis che la procura di Torino, con l’ausilio dei suoi consulenti, sta istruendo, e a cosa si dovrà fare adesso che la sentenza è stata letta in aula.
Bruno Pesce di Afeva – con al fianco la presidente Romana Blasotti Pavesi, i sindacalisti, ed anche il sindaco di Casale Giorgio Demezzi – ha evidenziato come il cammino non sarà semplice.
Innanzitutto bisognerà leggere le motivazioni dei magistrati torinesi che saranno depositate nelle prossime settimane in cancelleria.
Poi si potrà procedere – visto che a quasi tutti è stata concessa una provvisionale immediatamente esecutiva – al tentativo di recuperare le somme dovute, sempre che (ma è una cosa molto, molto difficile se non assolutamente improbabile) il barone De Cartier De Marchienne e Stephan Schmidheiny non mettano mano al portafoglio. Se così non fosse anche prima della conclusione del processo di secondo grado (i legali dei due condannati hanno già annunciato che ricorreranno davanti alla Corte d’Appello di Torino) tutti coloro che ne hanno titolo potranno tentare l’esecuzione della sentenza. Ma qui iniziano le difficoltà perché entrambi i due condannati e le loro società, solidalmente responsabili, non hanno residenza o sede in Italia, bensì all’estero. E questo sicuramente non accorcerà i termini per monetizzare concretamente giustizia. Per questo, già a Capodanno in prefettura ad Alessandria, Bruno Pesce aveva proposto un coordinamento delle parti civili costituite subito dopo la sentenza del 13 febbraio.
Durante l’assemblea è emerso anche il “giallo” delle parti civili inspiegabilmente sparite dall’elenco, circa 300. Sono diversi i familiari delle vittime dell’amianto che non hanno trovato il loro nome nel lunghissimo dispositivo di sentenza del Tribunale di Torino che ha condannato De Cartier De Marchienne e Schmidheiny a 16 anni di reclusione per disastro doloso ed omissione dolosa delle misure di sicurezza. Abbastanza per sollevare un piccolo “giallo”, immediatamente dopo la lettura in aula del dispositivo. I primi ad accorgesene sono stati i diretti interessati: “Erano circa le diciannove di lunedì quando mi ha telefonato in studio un mio cliente – dice un legale del vercellese – e mi ha chiesto spiegazioni su quanto era accaduto, domandandomi perchè non trovava il suo nome. Io in quel processo non l’ho assistito e non ho potuto fare altro che dirgli di rivolgersi al suo patrocinatore di parte civile”. E’ una storia come tante ma “sentinella” dell’attenzione con la quale il processo (anche sotto l’aspetto meramente risarcitorio) sia stato seguito fuori dall’aula. Bruno Pesce coordinatore della Vertenza amianto, il giorno dopo l’assemblea dell’Afeva può soltanto fare delle ipotesi: “Pare, ma il condizionale è d’obbligo – dice – che alcuni nominative siano stati saltati dal file, pare che altri siano stati frutto di errori di trascrizione e che alcune posizioni effettivamente abbiano presentato difficoltà. Ma per tutto questo occorrerà verificare le questioni una volta depositate le motivazioni”.
Gli errori, comunque, se tali sono, non dovrebbero però inficiare la sentenza di primo grado, quanto piuttosto sarà necessaria una sua correzione, per quanto attiene agli errori materiali, in Camera di consiglio. E poi c’è sempre il processo d’appello.

Dal canto suo il sindaco di Casale, Giorgio Demezzi, ha ricordato il percorso del Comune e della sua amministrazione sino alla scelta di andare sino in fondo nel processo, le motivazioni e le tensioni che sono state vissute. Invece Ernesto Berra, sindaco di Occimiano, ha esortato il primo cittadino casalese a convocare tutti i sindaci per concertare le proprie azioni e, in particolare, riprendendo anche il discorso di Bruno Pesce, di sollevare il problema, nell’incontro che Demezzi avrà lunedì, con l’assessore regionale alla Sanità Paolo Monferrino, per fare ripartire l’attività del Centro regionale sull’amianto. La carne al fuoco, dunque, è parecchia: adesso occorre non fare spegnere il fuoco

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