Paradiso: “La cessione della Basile, che affare per il Comune!”
E stato uno dei grandi protagonisti della cooperazione del nostro territorio. Figura potente, e non poco discussa. Bruno Paradiso accetta di incontrarci (perché ombre non ce ne sono), e di affrontare i nodi critici del settore, e della sua carriera. Compresa lingiusta carcerazione del 1993
E? stato uno dei grandi protagonisti della cooperazione del nostro territorio. Figura potente, e non poco ?discussa?. Bruno Paradiso accetta di incontrarci (?perché ombre non ce ne sono?), e di affrontare i nodi critici del settore, e della sua carriera. Compresa ?l?ingiusta carcerazione? del 1993
“La cooperazione – spiega Paradiso – ha avuto davvero un peso determinante nella crescita di Alessandria, e anche del resto della provincia. Oggi purtroppo siamo protagonisti della cronaca, soprattutto sul fronte delle cooperative sociali, per brutte vicende di crisi, e di servizi non pagati. Ma consideri che, dal dopoguerra in poi, prima la cooperazione agricola, e poi quella edilizia, sono state autentiche leve di emancipazione popolare”. E, a partire dagli anni Sessanta, Bruno Paradiso ne fu uno dei protagonisti, all’interno dell’universo di Confcooperative (di cui sarà anche presidente all’inizio degli anni Novanta): “C’eravamo noi, LegaCoop con il mitico Barletta e l’Agc. Avevamo interi quartieri da costruire, penso alla Pista, al Galimberti, agli Orti, al Cristo. Ma anche a vaste aree di Valenza, Novi, Tortona. Erano gli anni di crescita del primo boom economico, e tutti gli italiani sognavano di farsi la casa di proprietà: spesso ci riuscirono, anche grazie alla cooperazione. Noi di Confcooperative puntavamo più su progetti di piccoli condomini diffusi, Legacoop era specializzata in strutture più grandi, veri palazzi. Ma la mission era comune, portata avanti in concerto con i sindacati di riferimento e agevolata da una legislazione, statale e locale, che forniva forti agevolazioni da questo punto di vista”.
E se fino agli anni Ottanta si è puntato molto sui progetti di case di proprietà, dagli anni Novanta si è sviluppato un altro mercato, quello delle locazioni. “Ossia abbiamo puntato – spiega Paradiso – a soddisfare le esigenze di una zona grigia di mercato, rivolgendoci a quelle persone che da un lato non avevano la possibilità di comprarsi la casa, e dall’altro non erano così povere da poter aver accesso alle case popolari”. Un fenomeno che è durato almeno un decennio, e che tuttora non è scomparso: anche se è intuibile che, in un territorio come quello alessandrino, saturo di abitazioni sfitte, il mercato immobiliare (anche quello della cooperazione) ha ormai subìto una battuta d’arresto. Ma cosa c’è di vero nella voce (ricorrente, inutile negarlo) secondo cui “Bruno Paradiso ha fatto i soldi con l’edilizia cooperativa”? E’ lo stesso Paradiso, sorridente e riflessivo, a rispondere: “messa così, è un’affermazione falsa, fuorviante. Noi come consorzio abbiamo sempre offerto nei decenni, nell’ambito di progetti complessi e condivisi che coinvolgevano le Acli, la Cisl e altri soggetti, una serie di servizi che andavano dall’individuazione delle aree alla gestione dei contratti. Siamo sempre stati una stazione appaltante per le diverse cooperative che decidevano di muoversi in questo ambito. E sempre nella massima trasparenza: a tutt’oggi, magari c’è qualcuno che mi incontra in giro e si lamenta per uno zoccolino del pavimento mal sistemato, ma siamo nella routine. Anzi, mi pare che la storia mostri come tutta la cooperativa edilizia non solo alessandrina, ma dell’intero Piemonte si sia sviluppata, nei decenni, al riparo da veri scandali e speculazioni, per fortuna”. E allora perché le voci? “Certamente perché – spiega Paradiso – io nel corso dei decenni ho fatto anche, e faccio tuttora, l’imprenditore privato, partecipando con altri a progetti edilizi importanti, come la realizzazione del villaggio Agorà, dove ci troviamo ora, o del consorzio agrario. Ma le assicuro che in questo la cooperazione non c’entra nulla”.
Il dialogo ormai è partito, e il nostro desiderio di capire meglio certe dinamiche sembra andare di pari passo con la voglia di Bruno Paradiso di chiarire alcune vicende che lo hanno visto, e lo vedono, protagonista. “Vuole che parliamo della casa di riposo Basile? Volentieri: così forse riuscirò a spiegarmi con chiarezza, viste le speculazioni che sul tema sono state fatte. La Basile ha una storia lunga, fa parte della memoria della città. Ad un certo punto però la maggioranza guidata dal sindaco Fabbio decise di venderla, per fare cassa. Le prime due gare sono andate deserte e a quel punto, come prevede la legge, si è passati a trattativa privata. Ma come base non si poteva andare sotto alla cifra prevista per la seconda asta. Si è optato per la cessione del 90% della struttura (perché il Comune ha preferito mantenere il controllo del 10%) ad una cifra pari a circa 7 milioni e 100 mila euro, e la cooperativa Bios si è fatta avanti, vantando tra l’altro già circa 2 milioni e 300 mila euro di crediti dal Comune, tramite Cissaca e Campanellino. Il resto della cifra necessaria all’acquisto è stata prestata dalle banche”. Fin qui tutto semplice: ma parecchie sono state le polemiche riguardo agli aspetti immobiliari dell’operazione, e c’è chi ha parlato di passaggi poco chiari, e di un gioco di “scatole” finanziarie e azionarie che, in fin dei conti, avrebbe generato una discutibile speculazione. Per cui oggi alcuni imprenditori privati (ossia Anna Maria Testa, moglie di Paradiso, Marì Chiapuzzo, presidente di Bios, Ubaldo Gatti) attraverso Hodie srl possiedono il 90% di Argental. E, al termine del mutuo venticinquennale pagato con il lavoro della cooperativa Bios, si ritroveranno proprietari dell’immobile.
Bruno Paradiso non si sottrae ai chiarimenti: “io sono stato coinvolto proprio per la necessità di distinguere l’aspetto gestionale, di competenza della cooperativa Bios, da quello immobiliare. Si è molto favoleggiato sull’operazione Argental, la società che il comune di Alessandria aveva costituito, e di cui alcuni privati hanno rilevato il 90% delle quote, attraverso una serie di passaggi societari certamente complessi. Ma senza l’ingresso di capitali privati, l’operazione non poteva andare in porto, e comunque il Comune ha conservato in Argental un suo rappresentante, anche se al momento il ruolo è vacante. E aggiungo soltanto: nel marasma attuale dell’ente, vi immaginate cosa sarebbe successo se Palazzo Rosso si fosse tenuto ‘in pancia’ anche la Basile?”. Ma su questo aspetto Paradiso va oltre: “subentrando nella gestione della casa di riposo, ci siamo trovati di fronte ad una situazione caotica: una serie di appalti e subappalti costosi e dispersivi, poca organizzazione. Ci siamo fatti carico dei dipendenti della casa di riposo, ma non di alcuni dipendenti comunali, lì “parcheggiati”, e restituiti a Palazzo Rosso. E abbiamo revocato altri appalti, a nostro avviso non essenziali. Per stare ai numeri: oltre alle attività del Cissaca, la Basile costava al comune di Alessandria, quando siamo entrati, 1 milione e 200 mila euro l’anno. Quel costo è stato subito ridotto a 600 mila euro, come integrazione di rette per circa 30 ospiti, e progressivamente si è arrivati agli attuali 400 mila. Che il Comune peraltro non ci dà, per le note tristi vicende legate al dissesto”. Insomma, l’opinione di Bruno Paradiso è che il comune di Alessandria, e quindi la collettività dei cittadini, a liberarsi della Basile abbiano fatto un affare: “ed è una vicenda del tutto diversa da quella delle farmacie comunali, anche se talvolta vengono accostate. Dopo di che, spero che nessuno creda o si aspetti che i privati investano capitali rilevanti in operazioni anche rischiose, se non con l’obiettivo legittimo di averne un proprio guadagno”. Chiarissimo, e ad ognuno di fare le proprie valutazioni.
Ma Paradiso non ha finito. Tentenna un attimo, poi decide di fidarsi: “lei sa, vero, cosa mi è capitato nel 1993?”. E’ lui, insomma, a chiedere di fare piena chiarezza su una vicenda ormai vecchissima, ma che pesa sul suo percorso, e di cui si sente completamente vittima: “Il clima era quello di piena tangentopoli, e sono stato coinvolto in una vicenda kafkiana: davamo assistenza, come consorzio, ad una cooperativa di Casale Monferrato, che incorse in una serie di irregolarità. Si chiamava, guarda caso, Paradiso, anche se io non c’entravo assolutamente nulla. E sulla base di questa coincidenza, e di una serie di indizi davvero labili, mi trovai a passare quattro giorni al carcere di San Michele, prima di essere interrogato e rilasciato. Dal successivo processo sono stato completamente assolto, e anni dopo mi è arrivato questo”. Estrae dalle sue carte un foglio, che attesta un risarcimento di oltre 25 milioni di lire dallo Stato per ingiusta carcerazione. La voce si incrina, ma Bruno Paradiso va avanti, e completa la sua narrazione degli eventi: “Per l’opinione pubblica locale, anche grazie alle paginate dei suoi colleghi dell’epoca, ero il corrotto, quello che prendeva le tangenti. Ho fatto un passo indietro dai miei incarichi in Confcooperative, era doveroso. E naturalmente all’assoluzione e al risarcimento è stata data molta meno enfasi, ma così va il mondo”.