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“Diabete: se non è epidemia, poco ci manca…”
20 mila malati in provincia, di cui oltre 10 mila in cura ad Alessandria, e gli altri a Casale, Novi, Tortona e Acqui. Ma come ci si cura, e quali sono le eventuali complicazioni? Ne parliamo con Egle Ansaldi, direttore del reparto di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell'Ospedale SS. Antonio e Biagio
20 mila malati in provincia, di cui oltre 10 mila in cura ad Alessandria, e gli altri a Casale, Novi, Tortona e Acqui. Ma come ci si cura, e quali sono le eventuali complicazioni? Ne parliamo con Egle Ansaldi, direttore del reparto di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell'Ospedale SS. Antonio e Biagio
E, in effetti, dal reparto di Endocrinologia pazienti in cura (“raramente ricoverati: abbiamo 8 posti letto più uno di day hospital, utilizzati per i casi più gravi. E siamo uno dei reparti più attrezzati del Piemonte”) ne passano davvero tanti: sono più di 10 mila soltanto i diabetici in cura al centro, mentre almeno altrettanti gravitano attorno ai presidi ospedalieri di Casale, Tortona, Novi e Acqui, afferendo ad Alessandria solo per le situazioni più complicate. “20 mila malati di diabete in provincia – spiega la dottoressa Ansaldi – è probabilmente una stima per difetto: consideri che le statistiche nazionali parlano di una percentuale che si aggira attorno al 4-5% della popolazione. Ma la nostra è una provincia con età media molto elevata, e questo fa sì che probabilmente si viaggi su una percentuale un po’ sopra la media”. Proviamo allora a capire un po’ meglio cos’è il diabete, come si scopre di essere malati, e qual è il percorso di cura. “Molto essenzialmente – spiega il primario alessandrino – essere malati di diabete significa che la presenza di glucosio nel sangue aumenta, perché il pancreas non produce più insulina: che va quindi inserita nell’organismo dall’esterno. Malati di diabete quasi mai si nasce, quasi sempre si diventa. E i primi sintomi sono un bisogno di bere sempre più frequente, e naturalmente in parallelo la tendenza ad urinare molto spesso”. Esistono però due tipi di diabete, che la dottoressa Ansaldi ben inquadra: “c’è il diabete di tipo 1, che si manifesta prevalentemente nei primi anni di vita, come malattia autoimmune: il nostro organismo non riconosce più una parte di sé, e cerca di distruggerla. E’ il caso di cui dicevo prima: il diabete come malattia del pancreas: che però riguarda circa il 10% dei malati. Poi c’è il diabete di tipo 2, di gran lunga il più diffuso: colpisce per lo più gli adulti dai 40-50 anni in poi, ed è generato da altre cause, tra cui l’obesità, la cattiva alimentazione, l’ipertensione. In quei casi nella terapia si comincia con un trattamento dietetico, per poi arrivare, se e quando necessario, all’insulina in un secondo momento”.
Naturalmente avere in cura una “comunità” di 10 mila pazienti significa dover puntare molto sull’organizzazione del lavoro: “siamo un team straordinario, che conta oltre che sulla sottoscritta su altri 4 medici, e su un staff paramedico (infermieri, e anche due dietiste dedicate) di grande competenza e specializzazione: evidentemente però è necessario che i pazienti facciano riferimento a noi per visite periodiche, ma si autogestiscano i percorsi ordinari di cura, anche con l’aiuto dei famigliari”. Le terapie, soprattutto per il diabete di tipo 1, sono in costante evoluzione: accanto alle tradizionali tre piccole iniezioni quotidiane di insulina in occasione dei pasti, e per la notte, si sta ora diffondendo la tecnica del microinfusore, con monitorizzazione glicemica continua. “Abbiamo già circa 80 casi qui da noi, e circa 200 alle Molinette di Torino. In sostanza parliamo di questo micro computer (ce lo mostra, ndr), che rimane costantemente collegato al corpo del paziente con un micro ago, e emette insulina in maniera continua e controllata. Segnalando anche acusticamente quando è il caso di aumentare la dose, semplicemente schiacciando un pulsante. E’ una tecnica ancora abbastanza costosa (intorno ai 4 mila euro l’anno per l’oggetto, e altrettanti per i materiali, ndr), che per il momento riusciamo a fornire a casi particolari, come le donne diabetiche in gravidanza: grazie al microinfusore, possono evitare qualsiasi complicazione di salute per il feto, ed è davvero un bel risultato, frutto di una stretta collaborazione con la ginecologia del nostro ospedale”.