Quale festa per l’Europa?
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Quale festa per l’Europa?

Il 9 maggio ricorre la festa dell’Unione Europea: in un momento di crisi e di dubbi sul progetto comunitario, che cosa ne pensano i cittadini? Voci e opinioni diverse tra le vie di Casale

Il 9 maggio ricorre la festa dell’Unione Europea: in un momento di crisi e di dubbi sul progetto comunitario, che cosa ne pensano i cittadini? Voci e opinioni diverse tra le vie di Casale

SOCIETA’ – “In una parola, opportunità: di superare i confini, di viaggiare attraverso il continente, con in tasca solo un biglietto del treno e la stessa moneta. Opportunità, inoltre, di studiare lontano da casa. Questo è l’Europa per me. 
Festeggiare significa ricordare cosa ci tiene insieme, cosa ci rende ‘uniti nelle diversità’. Non solo una moneta unica, non solo scambi economici, ma un’unione di popoli che ci ha regalato sessant’anni di pace e benessere. Festeggiare è anche proiettarci nel futuro e pensare all’Europa che vogliamo domani.”

Le parole di chi, come M. Bonelli (studente a Maastricht), vive fuori, giungono inaspettate in un clima di generale disaffezione per il progetto europeo. Ridotto a un manuale di grandi idee coperto di polvere e riposto in uno scaffale. O viceversa, segnato dalla crisi economica e dal dibattito politico che indica l’Europa come madre-matrigna o come istituzione astratta e lontana dai cittadini.
La data del 9 maggio, scelta come festa dell’Unione Europea in quanto anniversario della Dichiarazione Schuman, con cui si misero in comune le risorse strategiche (carbone e acciaio) per non ripetere più gli errori della guerra, cade oggi in un clima di scetticismo. E’ lecito quindi interrogarsi sul ruolo che ha (o meno) l’Unione nella vita quotidiana delle persone, perché progetti e ipotesi siano passati al vaglio della realtà.

La scuola e l’amministrazione.
Nel mondo della scuola l’Europa è sinonimo di Erasmus e Comenius, “e dei tanti progetti avviati in favore della società della conoscenza”, dice Riccardo Calvo, preside dei Licei di Casale. “L’Europa di Kohl e di Mitterand, che ha abbattuto il muro e ha vinto il premio Nobel per la pace. Certo – ammette- è difficile riconoscersi oggi nell’Europa dei banchieri e degli egoismi contrapposti. Ma essa è nata nelle difficoltà del dopoguerra, e può superare anche queste. Bisogna costruire un’Unione compatibile con l’economia, ma coerente con il progetto su cui è sorta. Come scuola ci proviamo tutti i giorni: con ragazzi in scambio, lettrici straniere, progetti formativi e gite nei nuovi Paesi dell’Est, per comunicare con la realtà esterna.”
Nell’amministrazione dei piccoli Comuni, rapporti immediati sembrano non esserci, ma “novità come l’allegato energetico che abbiamo introdotto insieme al Piano Regolatore sono una ricaduta delle direttive europee per l’efficienza energetica”, spiega Giovanni Bellistri, sindaco di Terruggia. “Accedere ai finanziamenti europei, invece, è molto difficile per le piccole realtà, perché servono strutture più grandi e la capacità di cofinanziare i progetti. Mentre storture come il vincolo del patto di bilancio imposto ai Comuni sono una specificità italiana, che speriamo sia rivista dal nuovo governo”.

L’agricoltura e il commercio.
Secondo G. P., giovane agricoltore, il ruolo della Comunità Europea è stato “buono all’inizio, perché ha elargito contributi alle coltivazioni. Poi l’Italia si è dimostrata poco abile a difendere le produzioni nazionali e, con l’allargamento, la torta da dividere è diventata più piccola e si è aggiunta la concorrenza senza vincoli dei Paesi dell’Est, che hanno costi del lavoro impensabili per noi”. Certo, a livello normativo, “va riconosciuto che sono aumentati i controlli”.
Più netta la posizione dei commercianti casalesi: “subiamo da parte dell’Europa delle imposizioni, come la direttiva Bolkenstein, che ha liberalizzato le licenze”. E’ Stefano Calvaruso che parla, presidente dell’Unione Commercianti: “non si è tenuto conto della specificità italiana, che ha un numero di Partite Iva molto più alto della media europea. A differenza della grande distribuzione tipica di altri Paesi, da noi è diffusa la microimpesa: l’apertura indiscriminata di nuove attività commerciali ha avuto effetti disastrosi. Fino al 2006, i saldi erano effettiva vendita di fine stagione; da allora si è resa necessaria una svendita continua, estesa a tutti i settori. Noi siamo contrari alla politica delle liberalizzazioni generalizzate che ha trascurato e penalizzato la microimpresa italiana”.

Vi è, infine, la posizione di chi non vede nell’Unione una fonte di benessere, ma un meccanismo oppressivo. Come M. Munari, studente, che si dice contrario alla moneta unica: “so che con l’Euro il mio potere di acquisto si è dimezzato. Nel 2000, con 20.000 lire la sera giravo almeno due locali; ora con 10 euro non si fa quasi più nulla. Questa è la mia esperienza. E in generale non possiamo più attuare la svalutazione per recuperare terreno nei confronti delle economia più forti. Con l’U.E., l’Italia ha perso la sovranità monetaria e non solo, visto che la politica italiana si inzerbinisce e mette in pratica tutto ciò che arriva da Bruxelles. Ma i trattati valgono per tutti, o il sangue lo vogliono solo da noi?”.
Diversa invece l’opinione di Giovanni Bellistri che ritiene: “il localismo è una risposta sbagliata alle problematiche attuali. Il grande limite del sistema europeo è di aver sviluppato solo l’aspetto economico e non aver completato quello politico. Ma il progetto è solido, e cerchiamo di restare europeisti in un momento di difficoltà”.

In conclusione, la dimensione europea è presente in modo significativo nella realtà quotidiana delle persone. Ma l’Unione Europea è fonte di crescenti discussioni, come un giovane che ha smarrito la strada.
Il 9 Maggio è il suo compleanno, e l’esame di maturità sarà nel 2014: le elezioni per il Parlamento Europeo diranno se il ragazzo ha imparato la lezione, o verrà bocciato dalla storia.
La parola ai cittadini.

 

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