Vita da badante, a Casale
Molte donne provenienti dallEst Europa vengono in Italia a lavorare come assistenti domiciliari: Come vivono? Cosa dicono? Cosa pensano di noi?
Molte donne provenienti dallEst Europa vengono in Italia a lavorare come assistenti domiciliari: Come vivono? Cosa dicono? Cosa pensano di noi?
Così osservate una signora anziana, mentre attraversa la piazza in carrozzina. Per l’età e per la malattia, ha bisogno di un’assistenza continua; le sue figlie hanno selezionato una persona che si occupasse di lei: con la preoccupazione che tutto andasse bene, cercando di non pagare troppo, sperando che la convivenza non fosse difficile. Una donna rumena spinge la carrozzella in silenzio.
Non negatele uno sguardo. Le donne giunte dall’Est ad assistere i nostri parenti italiani, con l’incarico di “badanti”, hanno storie: nomi e cognomi. E anche loro, come noi, riflettono sul loro lavoro, pensano alla vita di qui, e alle persone con cui entrano in contatto.
Ana ha 55 anni, viene dalla Romania e dal 2006 lavora a Casale. “Prima ero maestra, sono venuta qui per mantenere i miei figli”. All’inizio è stato difficile abituarsi ad una realtà diversa da come se l’era immaginata e lontano dalla famiglia: “I nostri uomini vorrebbero raggiungerci, ma per loro non c’è lavoro”.
Protagoniste di una piccola Odissea a parti invertite, le donne che partono dalle loro case in Romania o in Moldavia trovano per lo più lavoro come badanti: “l’impegno è di 22 ore su 24, la notte dormi con la persona assistita, e ti devi adeguare in tutto. Anche quando non stai bene, o hai dei pensieri, devi comunque assistere la persona affidata con serenità ed efficienza – prosegue Ana – Non è un mestiere facile, soprattutto se si assiste una persona colpita da Alzeihmer o demenza senile; ma comunque io sono contenta della mia situazione”.
Mariana, invece, ha 27 anni e vive in Italia da due anni e mezzo. “All’inizio è stata dura. Con gli anziani poi ci vuole sempre del tempo per prendere un po’ di confidenza”. Chiediamo come sono i rapporti con le famiglie in ci si inserisce: “Di solito buoni, anche perché l’interazione è importante per gestire la situazione della persona assistita. Comunque dipende da persona a persona.” A volte, però, le famiglie cercano di approfittarsene e non concedono i diritti minimi, come le due ore al giorno di pausa, più un giorno libero a settimana. “Ricordiamo che c’è un contratto – puntualizza Ana – siamo lavoratrici, e non schiave”.
Sensibile anche per la sua giovane età, Mariana ammette: “mi manca la mia libertà. E un maggiore rispetto. Come badante vengo vista come una ragazza che deve lavorare e basta, mentre siamo persone, magari con anni di studio alle spalle.”
Vivere a Casale, per Ana, non sembra difficile: “mi ci sono abituata e vorrei restare qui. Anche se adesso il lavoro è diminuito, perché le famiglie cercano di risparmiare.” Con gli italiani il rapporto negli anni è migliorato, ma “ci vedono sempre come stranieri”; circa i rapporti con i connazionali invece i pareri sono discordi: per Mariana “c’è molta diffidenza, perché ognuno bada a se stesso”, mentre secondo Ana “ci confrontiamo e ci diamo una mano”.
Se le famiglie restano lontane, si può almeno tentare di portare qua il cibo di casa. E’ questa l’idea di Vasilica Dudau, donna rumena residente a Casale dal 2001, che in via Saletta ha aperto il negozio di alimentari “Casa Tua”. Laureata in Economia, Vasilica è venuta in Italia per amore: “il primo impatto è stato difficile, perché io venivo da una città più grande di Casale, e poi sentivo la lontananza da casa, e dai miei cari.” Forte anche del marito che era con lei, la Dudau non si è scoraggiata: il primo lavoro in un’impresa di pulizia; poi il permesso di soggiorno e un contratto a tempo indeterminato. Intanto, studiava: “ho fatto un corso di italiano al C.T.P. (il centro di formazione per stranieri e adulti presso la scuola media Leardi) e un corso serale con cui ho ottenuto il diploma di ragioneria”. Ma trovare lavoro tramite agenzia non sembrava facile, mentre la coppia dava alla luce una bambina. Tempo di vederla crescere ed ecco la soluzione: “ho rilevato un negozio di prodotti alimentari rumeni, che gestisco ormai da tre anni. Abbiamo anche preso casa, con un mutuo, e mi sono abituata a vivere a Casale.”
Com’è il rapporto con gli italiani e con gli altri vostri connazionali? “Alcuni ci guardano con un po’ di invidia, perché siamo stranieri e siamo riusciti a metter su casa e famiglia. Però tra i nostri amici, ormai, ci sono sia italiani che rumeni, senza distinzioni”. Il buon cibo, d’altronde, dà spesso una mano nelle relazioni!
Storie diverse con un’origine comune, le donne di nazionalità rumena (e non solo) hanno un giudizio unanime sull’Istituto San Vincenzo di via Canina, dove spesso le badanti straniere si ritrovano nel primo pomeriggio: “è una bella realtà, dove possiamo incontrarci. E la signora Giannina (una volontaria) ci aiuta tanto, è come oro colato!”. Avanzano quindi una richiesta: “Vogliamo che l’Istituto resti aperto, come punto di riferimento per noi e per le famiglie italiane che qui possono cercare un’assistente domiciliare per i loro bisogni”.