Paolo Dal Molin: arrivederci Mondiali, “ma a Rio voglio esserci”
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Alessandro Francini  
20 Agosto 2015
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Paolo Dal Molin: arrivederci Mondiali, “ma a Rio voglio esserci”

Abbiamo incontrato I'ostacolista azzurro cresciuto ad Occimiano, ci ha parlato dell'infortunio che lo ha costretto al forfait per i Mondiali di Pechino, del percorso che lo ha portato a vestire la maglia della Nazionale e dei progetti che vorrebbe realizzare per valorizzare i talenti della provincia

Abbiamo incontrato I'ostacolista azzurro cresciuto ad Occimiano, ci ha parlato dell'infortunio che lo ha costretto al forfait per i Mondiali di Pechino, del percorso che lo ha portato a vestire la maglia della Nazionale e dei progetti che vorrebbe realizzare per valorizzare i talenti della provincia

SPORT – Avrebbe certamente partecipato ai Mondiali di Pechino – al via sabato 22 – se un fastidioso infortunio al ginocchio che lo tormenta da tempo non si fosse riacutizzato nei mesi invernali, compromettendo tutta la stagione agonistica 2015. E’ cresciuto ad Occimiano ma è nato a Yaoundé, in Camerun, e a marzo 2013 ha vinto la medaglia d’argento nei 60 metri ad ostacoli agli Europei indoor di Goteborg; lui è il 28enne Paolo Dal Molin, uno dei migliori ostacolisti della nazionale italiana. Niente Mondiali, quindi, ma per il 2016 il grande obiettivo di Dal Molin è raggiungere il top della forma per dare il meglio alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, competizione per cui ha ottenuto il “pass” agli Europei outdoor di Zurigo dello scorso anno. In un caldo pomeriggio d’agosto tra una granita e un’aranciata abbiamo incontrato Paolo Dal Molin, che insieme a Valeria Straneo porterà un po’ della nostra provincia ai giochi olimpici brasiliani.

Paolo, sei fermo dal novembre scorso a causa di un infortunio ma stai per iniziare la preparazione in vista del prossimo anno, ricco di appuntamenti importanti. Qual è il tuo obiettivo per i Mondiali indoor?
Mmmh, non sono un tipo scaramantico, ma preferisco non fare annunci o previsioni (sorride, n.d.r.).

Purtroppo fino ad oggi l’appuntamento con i Mondiali all’aperto è mancato a causa degli infortuni, come nel caso di Pechino.
Già, prima dei Mondiali ho sempre avuto la sfortuna di farmi male, solitamente però l’anno seguente mi riscatto con gli interessi. Finora all’aperto ho potuto partecipare solo agli Europei (Helsinki 2012 e Zurigo 2014, n.d.r.). L’anno scorso a Zurigo sono arrivato in semifinale ed ho realizzato il tempo che mi ha garantito l’accesso alle Olimpiadi (13”72, n.d.r.), con il quale avrei potuto partecipare anche ai Mondiali di Pechino. Non ero comunque in buone condizioni; in semifinale dopo pochi ostacoli ho capito che gli altri ne avevano di più ed ho mollato anche psicologicamente.

Come mai proprio i 110 ostacoli? Pratichi da sempre questa disciplina o ne hai provate altre prima di scegliere?
Da ragazzino ho praticato un po’ tutti gli sport, calcio, basket, pallavolo. A 13-14 anni ho anche giocato nelle giovanili dell’Alessandria e del Castellazzo. Poi però ho mollato quando nella mia vita è subentrata l’atletica. Gli ostacoli devo dire che più che una scelta sono stati una specie di piacevole imposizione. Arrivato da Casale al Campo Scuola di Alessandria il professor Talpo mi ha subito detto “tu farai l’ostacolista”, da lì è iniziato tutto e dopo pochi mesi sono arrivate le prime vittorie.

Tuo padre è camerunense, tua madre di Belluno. Come sei giunto sino ad Occimiano?
I miei avevano una casa ad Occimiano, ho frequentato le scuole medie del paese. Poi, visto che mia madre lavorava in Germania, dove vive ora, sono stato dato in affido alla famiglia del preside della scuola. Ad Occimiano tra i ragazzi della mia leva o di qualche anno più piccoli ho ancora molti amici, anche perché in un paese di poco più di mille anime ci si conosce praticamente tutti.

Per i non addetti ai lavori, quali sono le principali differenze tra i 60 ad ostacoli indoor e i 110 outdoor? A parte la distanza ovviamente…
Al coperto la tua velocità di base conta tanto, all’aperto la distanza è maggiore, quindi influisce di più la tecnica. Gli errori che fai al coperto ti penalizzano di meno, quelli all’aperto condizionano molto di più il risultato finale. Un conto è sbagliare due ostacoli su cinque, la faccenda cambia quando ne sbagli due o tre e nei hai altri sette-otto da fare. Nei 110 devi dare il massimo cercando di ridurre al minimo la possibilità di errore, al coperto la prestazione è più esplosiva ed immediata.

Da due anni gareggi per le Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato. Per coloro che non conoscono bene certe dinamiche, spiegaci perché in Italia molto spesso si sente parlare di atleti tesserati per gruppi sportivi legati alle forze dell’ordine, all’Esercito o all’Aeronautica?
Negli sport considerati secondari come ad esempio l’atletica entrare in un corpo dello Stato è l’unico modo per poter essere supportati come dei veri professionisti e per praticare la propria disciplina ad alti livelli. Lo stipendio che percepiamo in quanto membri delle forze dell’ordine ci dà quella serenità economica che altrimenti non potremmo avere. In Italia certi sport non ti consentono di accumulare chissà quali guadagni per cui una volta terminata la carriera è possibile vivere di rendita. La carriera ad alti livelli, nell’atletica leggera come in altri sport affini, dura al massimo una decina di anni, ma poi la vita continua e in qualche modo bisogna mantenersi. Certo, vincere un’Olimpiade o un Mondiale può farti guadagnare cifre importanti, ma non sono comunque paragonabili a quelle che circolano in altri sport, come ad esempio nel calcio professionistico.

Il tuo stato di forma in questo momento?
Direi che a livello generale è intorno al 50%, per ciò che riguarda il recupero dall’infortunio qualcosa in più. Spero di accelerare nei prossimi mesi perché a marzo 2016 voglio partecipare ai Mondiali indoor di Portland, poi a luglio ci saranno gli Europei outdoor di Amsterdam. E infine ad agosto Rio de Janeiro, dove spero di arrivare al massimo della condizione per potermi giocare tutte le carte.

Oltre che di se stesso Dal Molin parla anche dei progetti che insieme a Carlo Vergagni, manager sportivo alessandrino, vorrebbe sviluppare in collaborazione con le scuole della provincia. “Un progetto di ricerca e sostegno a livello scolastico dei talenti locali, per veicolarli al meglio sullo sport in generale. Sul territorio c’è tanto da valorizzare, – spiega Carlo Vergagni – in tutti gli sport e in tutte le discipline”. Il fine è quello di trasmettere ai giovani sportivi alessandrini l’importanza di valori come sacrificio, impegno e condivisione, “ogni ragazzo dovrebbe avere ben chiaro che lo sport, qualunque esso sia, deve unire e non dividere. L’unico modo per capire come è fatta davvero una persona – sostiene Dal Molin – è quello di confrontarsi con lei, lo sport è l’ambito ideale per favorire l’integrazione. Come diceva Nelson Mandela “lo sport ha la possibilità di cambiare il mondo””.

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