Disfatta epocale
Due hanno vinto, Di Maio e Salvini e due hanno perso, Renzi e Berlusconi. Va aggiunta però losservazione più decisiva: siamo di fronte ad unultima tappa (non cè mai limite alle derive) del processo di fallimento, iniziato allinizio del secolo o pochi anni prima, dei dichiarati e proclamati tentativi di bipolarismo
Due hanno vinto, Di Maio e Salvini e due hanno perso, Renzi e Berlusconi. Va aggiunta però l?osservazione più decisiva: siamo di fronte ad un?ultima tappa (non c?è mai limite alle derive) del processo di fallimento, iniziato all?inizio del secolo o pochi anni prima, dei dichiarati e proclamati tentativi di bipolarismo
OPINIONI – Due hanno vinto, Di Maio e Salvini e due hanno perso, Renzi e Berlusconi. Va aggiunta però l’osservazione più decisiva: siamo di fronte ad un’ultima tappa (non c’è mai limite alle derive) del processo di fallimento, iniziato all’inizio del secolo o pochi anni prima, dei dichiarati e proclamati tentativi di bipolarismo.
Succede che si ripete in situazione sempre diversa, e per quanto mipare di capire, una nuova svolta politica nel Paese. Si rpete cioè un fenomeno che in prospettiva storica gà conosciamo. A fronte delle difficoltà sociali, economiche politiche ed istituzionali, in presenza di scarsa presenza di cultura politica, vince chi trova il capro espiatorio. Il lettore potrebbe pensare, a sua scelta, a casi di possibile richiamo; se io non lo faccio è solo perchè non amo gli accostamenti, ma nel nostro caso è fin troppo evidente che l’analisi della complessità ha fallito gli scopi di una campagna elettorale trascinata dalla intraprendenza del Di Maio e di Renzi sul fondamentale obiettvo degli immigrati e sulla percezione di fastidio che inducono. Per contentino, nonostante le parziali ritirate dell’ultima ora, i due leader (eufemismo) hanno convinto l’elettorato addossando all’Europa una serie di colpe che, al netto dei fallimenti burocratici ed innegabili dell’Unione, avrebbero dovuto indurre qualche consapevolezza nei cittadini della nostra mai definita nazione. In soldoni, di fronte alla complessità dei fenomeni posti in essere, una maggioranza sceglie chi indica una soluzione credibile attrraverso una strada facile. Manzoni direbbe, una strada in discesa che non significa per questo strada risolutiva. E purtroppo ne avremo presto conferma. Ne abbia opportuna memoria chi si adonterà per queste poche annotazioni.
L’altra questione e forse decisiva, giova ripetere, sta nel consolidamento di un tripolarismo, in atto già nel passaggio delle elezioni del 2013. Quì però c’è l’ulteriore passaggio della sconfitta di Berlusconi accanto a quella disastrosa di Renzi; le contorsioni televisive di Brunetta, supportate da un agghiacciante sorriso di facciata, non cambiano una situazione di tutta evidenza. Citerei a riprova che la distribuzione territoriale dei voti sconvolge il risultato siciliano, già trionfante per il centro/destra in tempi passati (qualcuno ricorderà la vittoria isolana del cavaliere per sessantuno a zero di pochi anni fa: mi pare il 2001) ed ora orientato decisamente alla “furia” grillina. In poche parole i due poli del bipolarismo si sfasciano a favore dei pentastellati e all’interno del centro/destra il sostenitore (in verità spurio) della linea liberal/moderata, in antitesi al comunismo, cede in modo emblematico e simbolicamente decisivo alle istanze del populismo, lontanissime, almeno in via di principio, dalle proposte di conservatorismo democratico. Questo il quadro di descrizione, sia pure in abbozzo privo per ora di definizioni, possibili solo tra qualche giorno.
C’è però una valutazione di fondo che, personalmente vado maturando da qualche tempo. Sia chiaro, sono impressioni che avrebbero bisogno di ben altra articolazione di quella che posso permettermi. Da molti decenni, forse sulle soglia degli eventi che hanno determinato la fine della Repubblica dei partiti, l’elettorato italiano privo di riferiemnti ideologici, vive alla giornata della percezione più conflittuale. Si tratta di una conflittualità presente anche nel periodo della “Prima Repubblica”; tuttavia per un lungo tratto della vicenda nazionale, la conflittualità fu interpretata in senso democratico dalla Democrazia Cristiana con contestuale legittimazione dal Partito Comunista Italiano.Allora ci fu sul serio un bipolarsimo per quanto imperfetto, a causa del blocco delle maggioranze. La “convenctio ad excludendum” del PCI, dal momento che era tacitamente accettata non poneva problemi di tenuta democratica. Quel bipolarsimo ha superato situazioni drammatiche e persino gli “anni di piombo”. A quel bipolarsimo, nonostante le magnifiche sorti ipotizzate alla vigilia della “Seconda Repubblica” non si trovò mai adeguata sostituzione perchè non si pensò ad un sostegno di formazione ideale.Inutile ripetere che con la DC e col PCI i soggetti formativi, scuola di partito e la Chiesa erano ben presenti. Ora si può concludere che “chi vivrà vedrà”; ogni previsione è, per farla breve, “in grembo a Giove”, ancor più che al buon senso dei protagonisti.