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    Max
    Giovanna Bevilacqua Scagliotti "Skà" e Max Biglia
    Generic, Home, Società
    Redazione  
    9 Luglio 2019
    ore
    05:00 Logo Newsguard
    Il ricordo

    Max Biglia: il mio incontro con la Scagliotti

    Skà, come veniva chiamata all'ANFFAS

    CASALE MONFERRATO – Pubblichiamo integralmente il toccante racconto del primo incontro tra Max Biglia e Giovanna Bevilacqua Scagliotti, venuta a mancare ieri e per oltre quarant’anni presidente dell’ANFFAS di Casale Monferrato.

    Biglia, presidente della Confraternita degli Stolti e organizzatore della tappa monferrina del Festival del Turismo Responsabile, ha trascorso con “Skà”, come veniva affettuosamente chiamata, un’esperienza di lavoro ventennale nel campo della solidarietà.

    “Come pochi minuti possono farti rivivere percezioni e sentimenti sempre vivi, reali, alle volte stravaganti.

    Entrai per la prima volta in quel piccolo ufficio, una vita fa. La porta era aperta e davanti ai miei occhi qualche fotografia, il posacenere zeppo di mozziconi, numerose scartoffie e una donna contornata dal fumo che se ne stava in piedi davanti alla finestra a fissare la pioggia che cadeva incessantemente. Ero impacciato, timoroso. I suoi occhi incrociarono i miei, mi ammonì esclamando: dica! Ci presentammo e incominciammo a parlare. Ero un giovane come tanti, con la giusta trepidazione di entrare in un posto nuovo, un “mondo” insolito. Capii immediatamente che davanti a me c’era una donna severa, esigente, determinata. Una di quelle persone indubbiamente difficili, ma che non ti lasciano indifferente. Avevo la giusta inquietudine di sbagliare, di non essere all’altezza e di non riuscire ad affrontare quel tipo di realtà.

    Cercai di rendermi conto. Aprii gli occhi, respirando il puzzo che qualche volta, inevitabilmente, giungeva al mio naso. Ed eccomi qui, giù, nel cuore del “mondo dei diversi” a dar da mangiare, a ripulire culi e a capire che nella vita esistono verità e persone davvero speciali.

    Quell’intreccio di sproporzioni, incognite e abilità mi cambiarono la vita. Volevo conoscere di più, capire, scendere dai miei privilegi e cominciare a guardare la persona, l’essere umano, non con gli occhi della pietà, ma con gli occhi di chi si cala nelle piccole gioie o nelle grandi difficoltà dell’altro, in un continuo, appagante scambio. Ritornai sui libri, intrapresi nuove consapevolezze.

    Se potesse servire parlerei di quel o di quella persona virtuosa, cortese, capace o “difettata”, ma non lo farò, perché a oggi, questo passaggio mi è sconosciuto. Ho incontrato decine e decine di uomini e donne talmente “normali” da risultare banali e stupidi, schiavi del menefreghismo, della fama di gloria, dell’ipocrisia e di ogni tipo di meschinità. Naturalmente non si può e non si deve generalizzare o peggio, essere inconsapevoli che esistono difficoltà e situazioni, persone più deboli di altre, persone che come ognuno di noi hanno bisogno di un aiuto, di una parola, di un contatto o più semplicemente, un po’ di attenzione.

    Pur con i limiti e i difetti che si accompagnano ad ogni individuo, anche a coloro che possiedono la grande fortuna di essere stati capaci di dedicarsi all’altro, non so dire se l’incontro di quel giorno ha cambiato la mia vita o se la mia vita sia cambiata da e per quell’incontro. Di certo, i miei occhi hanno imparato a vedere oltre la superficialità, le mie orecchie a sentire oltre il suono delle parole e il mio cuore ad amare anche ciò che a volte è difficile da accettare. Ho imparato!

    E dunque, il tempo è trascorso inesorabile mentre annodo i secondi e disfo matasse di memorie definite, dove fatalmente, alcune cose sono cambiate ma non quella bellezza amplificata, la voglia di lottare tra braccia stanche e occhi lucidi. Costruire, e rinunciare alla perfezione. Costruire un pensiero nuovo che è creatività, vita. Costruire nuove condizioni in cui capita di ritrovarsi, anche quelle che non ci dilettano, ci rattristano, ma che non vengono solo per nuocere, ma per ingegnare il nostro spirito, vivere attraverso “il pensiero” superando la condizione di sopravvivenza dettata dalla rassegnazione e godere nell’antro creativo del nostro essere.

    Forse, Morrison non aveva tutti i torti: il mondo spesso va al contrario di come dovrebbe essere e per cercare di capire dovremmo andare anche noi po’ storti e io come lui questo l’ho imparato, sedotto, con un piede nella fantasia e il resto del corpo pesantemente costretto nella realtà”.

    Max Biglia

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