Il coronavirus fatale a Edoardo Esposito, l’uomo che “chiuse” l’Eternit
Aveva 88 anni, è la seconda vittima in Monferrato
CASALE – Uno potrebbe facilmente pensarlo. A 88 anni ci sta morire, magari anche di coronavirus. Eppure Edoardo Esposito, il secondo morto casalese, era tutt’altro che “vecchio”. «Guidava l’auto e viveva da solo in via Cavour» racconta il figlio Marcello. Si era sentito poco bene nella notte di mercoledì scorso. La chiamata al 118 aveva fatto seguito al viaggio in ambulanza al Santo Spirito, quindi il tampone e, all’indomani, il responso. I famigliari non lo hanno più visto. «Giovedì notte è stato trasportato a Tortona dove lo hanno sedato e intubato. Da lì non abbiamo più nemmeno potuto sentirlo al telefono» prosegue il figlio.
I famigliari hanno ricevuto la chiamata dei sanitari («che fanno un lavoro enorme» commenta Marcello) ieri mattina quando, alle 8, Edoardo ha esalato l’ultimo respiro.
Della sua vita si potrebbe facilmente ricavare un film. Napoletano classe 1932, si era imbarcato per l’Uruguay su disposizioni del padre: la sorella, con un marito prossimo alla morte in seguito a un incidente sul lavoro, aveva bisogno di aiuto con le due figlie. Già il solo viaggio è di quelli da romanzo, di quelli estenuanti in terza classe e con lo scalo a Rio de Janeiro nel quale Edoardo, per voler visitare la città, rischia di essere lasciato a terra dal transatlantico.
A Montevideo Edoardo scala le gerarchie lavorando da contabile e fa da padre alle due ragazze, che lo vorranno entrambe al loro fianco nella camminata verso l’altare il giorno del matrimonio. Conosce la moglie Lidia e nascono i figli Rossanna e Marcello. Nel 1968 la situazione in Sud America si fa difficile e la famiglia opta per il ritorno in Italia. Prima, per poche settimane da una sorella ad Alessandria, quindi a Casale. Edoardo lavora in varie aziende, in fabbrica, in un vivaio, in un mobilificio, trovando anche il tempo per aiutare la moglie consegnando il latte la mattina presto in motorino «Non ho mai capito come facesse a caricarsi tutto» dice Marcello.
Nel suo curriculum c’è anche l’Eternit, dove matura promozioni per il suo impegno prima di terminare da portiere, con l’azienda in crisi. Alla fabbrica dell’amianto è legato un aneddoto curioso: «È stato lui a chiuderne per sempre il cancello quando venne fermata la produzione, è stato l’ultimo a uscirne» prosegue il figlio.
In pensione, dopo la morte di Lidia nel 2009 aveva passato un brutto periodo psicologicamente «ma si era ripreso bene, frequentando gli amici, il bar e le sale da ballo; nonostante un pacemaker installatogli a gennaio, fino a pochi giorni fa stava bene».
Oltre ai due figli, Edoardo lascia tre nipoti.