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    Elio
    Mario Martone a casa Leopardi
    Cultura, Generic, Home, Spettacoli
    Barbara Rossi  
    15 Marzo 2020
    ore
    10:11 Logo Newsguard
    Cinema

    Elio Germano reloaded: “Il giovane favoloso”

    Il film di Mario Martone è disponibile in streaming gratuito sulla piattaforma Rai Play. Straordinaria prova d’attore per Germano

    CINEMA – Così ho pensato di andare verso la grotta, in fondo alla quale, in un paese di luce, dorme, da cento anni, il giovane favoloso. (Anna Maria Ortese, Da Moby Dick all’Orsa Bianca. Scritti sulla letteratura e sull’arte, Adelphi, 2011)

    «Si mette sempre l’accento sulla malinconia leopardiana, ma sono la forza dell’illusione e la consapevolezza della caducità del vero, i tratti distintivi della sua modernità», spiegava il regista napoletano Mario Martone (da tempo interessato all’indagine sulla storia politica, sociale e culturale dell’Ottocento: vedi il monumentale Noi credevamo – 2010 – ambientato durante i moti risorgimentali) in occasione dell’uscita in sala de Il giovane favoloso. «In questo senso, Leopardi parla di oggi. È come se avesse previsto la caduta delle nostre magnifiche sorti. Quando sono andato a Recanati, in quella sorta di prigione borgesiana fatta di libri e di muri, che era la sua casa, in quella gabbia in cui il giovane Giacomo imparava a conoscere il mondo, ho seguito l’istinto. Poi, la lettura di Anna Maria Ortese m’ha fatto capire che noi sentivamo, in Leopardi, una dimensione visionaria e aperta».

    Vale la pena, allora, rivedere – in questi giorni non lontani dall’attribuzione a Berlino dell’Orso d’Argento a Elio Germano per l’interpretazione del pittore Antonio Ligabue in Volevo nascondermi di Giorgio Diritti – Il giovane favoloso (il film è disponibile in streaming gratuito sulla piattaforma Rai Play). Primo, perché Martone – che nel 2011 ha già messo in scena per il Teatro Stabile di Torino Le operette morali di Leopardi – rivisita la parabola esistenziale e artistica del genio marchigiano in maniera filologicamente ineccepibile ma, al tempo stesso, alternativa rispetto alle biografie tradizionali; secondo, per la straordinaria prova d’attore che Germano offre.

    Sedici mesi di riprese, una macchina produttiva di tutto rispetto – finanziata dal MiBAC, dalla Rai e dalla Camera di Commercio di Ancona, con lo sforzo economico di sponsor industriali del luogo – la dimora avita dei Leopardi aperta al gioco delle riprese per loro stesso volere, un cast di alto livello, da Elio Germano nei panni, appunto, del “giovane favoloso”, a Michele Riondino e Valerio Binasco in quelli, rispettivamente, di Antonio Ranieri e Pietro Giordani: eppure, non è tutto questo apparato che cattura lo sguardo e l’attenzione dello spettatore.

    La storia è quella risaputa, almeno in apparenza: gli studi “matti e disperatissimi” del giovane Leopardi, le limitazioni del suo fisico, il rigore assoluto del padre Monaldo (Massimo Popolizio), la clausura domestica e la parziale evasione per mezzo dello scambio epistolare con lo scrittore Pietro Giordani, il vagheggiamento amoroso per Teresa Fattorini (Gloria Ghergo), la figlia del cocchiere, che muore anzitempo e ispira a Giacomo la celebre A Silvia. Poi, nella seconda fase della sua vita – a ventiquattro anni – la faticosa uscita dall’alveo familiare, protettivo ma claustrofobico, il vagabondaggio con il nobile Ranieri attraverso Firenze, Roma e, infine, una Napoli colpita dal colera, ultima meta dall’altissimo valore simbolico, che favorisce la nascita della penultima lirica del poeta, La ginestra.

    Fa la differenza, tuttavia, rispetto una narrazione convenzionale, lo sguardo di Leopardi, che è per traslato anche quello del suo interprete e quello del regista: insieme, innescano una visione di eccezionale bellezza, quieta e contemplativa in principio, accarezzata dalla luce; più avanti fosca e ombreggiata, solcata dalla confusione, dallo strepito, dalle grida del mondo.

    Su ogni cosa e persona, sui volti, di familiari e domestici, donne perbene e prostitute, gente della buona società, ottusi letterati e abitanti dei bassifondi, sull’impercettibile agitarsi delle foglie contro il profilo del cielo passa l’occhio indagatore e inquieto di un genio ribelle, la cui mente – a differenza del fisico – non aveva limitazione alcuna ed era in grado di abbracciare l’universo intero.

    Proprio qui, nella misteriosa trasfigurazione di sé che ogni attore dovrebbe sperimentare, nel grado più alto, all’apice della propria performance; come nell’accoglimento della matericità e dello spirito del personaggio, plasmati sui propri, sta la scommessa vinta e insieme la grandezza dell’avvicinamento tra Elio Germano e Giacomo Leopardi, entrambi “giovani favolosi”.

    Qui risiede la deriva metafisica e struggente del film di Mario Martone, come testimonia il lento trascorrere delle immagini di congedo sulla lettura de La ginestra, in un’alternanza perenne fra gli ammassi cosmici, l’eruttare del Vesuvio e il viso assorto di Giacomo.

    E tu, lenta ginestra, che di selve odorate queste campagne dispogliate adorni, anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco.

    Il giovane favoloso
    Regia: Mario Martone
    Origine: Italia, 2014, 137’
    Sceneggiatura: Ippolita di Majo, Mario Martone
    Fotografia: Renato Berta
    Montaggio: Jacopo Quadri
    Musica: Sascha Ring

    Cast: Anna Mouglalis, Elio Germano, Iaia Forte, Massimo Popolizio, Michele Riondino, Valerio Binasco

    Produzione: Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), Palomar, Rai Cinema
    Distribuzione: 01 Distribution

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