Ravetti: “Perché non si affrontano i problemi della Sanità?”
TORINO – Il consigliere regionale Domenico Ravetti (Pd) interviene sul tema sanità e coronavirus: “In questi mesi – scrive – ho cercato di evidenziare alcuni problemi per i quali sarebbe stato utile trovare soluzioni. Sono rimasti ‘lettera morta’, nel senso che o non erano problemi o a nessuno interessa affrontarli o non sono stato abbastanza bravo da aprire un dibattito pubblico”.
Ovvero? “Sanità in provincia di Alessandria: chiunque decida di modificare l’esistente, e io non ho nessuna attitudine conservatrice, deve farlo con una visione complessiva, non particolare. Capiamoci meglio. Non è immaginabile, almeno dal mio punto di vista, modificare l’assetto di un solo ospedale se non si modifica la rete ospedaliera complessiva. E se ne avrò la possibilità mi batterò per evitare questa deriva. Ho dimostrato che in provincia di Alessandria sono vacanti troppi ruoli da dirigente di strutture complesse. Eppure negli anni sono scesi in piazza migliaia di cittadini a difesa di quelle strutture che ora non hanno una guida stabile. A che punto siamo?”.
L’esponente dem ricorda pure “di aver chiesto una verifica sul personale sanitario e amministrativo delle nostre strutture per comprendere se nel nostro territorio siamo particolarmente sotto organico. Questa verifica è utile per evitare di ‘navigare a vista’ quando si comprano prestazioni esterne attraverso privati o gettonisti. Siamo sotto organico? In quali strutture, in quali reparti, per quali servizi? E quali sono le soluzioni alternative ai gettonisti e alle privatizzazioni?”.
Capitolo coronavirus
Per Ravetti, “nel periodo del Covid-19 abbiamo capito che la sanità del territorio è fondamentale tanto quanto la sanità ospedaliera. Abbiamo imparato parole nuove come “Usca” che sono le Unità Speciali di Continuità Assistenziali formate da professionisti in grado di curare a domicilio insieme ai medici di base e agli infermieri di famiglia. Tra l’altro le Usca sono previste in un numero proporzionato al numero di abitanti su uno specifico territorio. Ci sono? Ne abbiamo abbastanza? Ho scritto in questi mesi dell’importanza dei sindaci. Siamo a 15 mesi dalle ultime elezioni, immagino che si attenderanno gli esiti delle elezioni di settembre con un possibile ballottaggio ad ottobre, poi finalmente potremo avere un’Assemblea provinciale dei sindaci funzionante che svolge le funzioni fondamentali previste per legge? Oppure dovremo accontentarci del balletto delle candidature alla presidenza di quell’assemblea per dare “contentini” a questo o a quell’altro?”.
Nuovo ospedale
Non solo: “Ho posto nuovamente il tema del nuovo ospedale in provincia di Alessandria – aggiunge l’ex sindaco di Castellazzo – non perché ogni tanto bisogna parlarne. Il nuovo ospedale è fondamentale per una sanità del futuro competitiva e al passo con le innovazioni tecnologiche. E’ la scienza che ci dimostra che ad ospedali vecchi corrisponde una qualità della sanità scarsa. Ma sarà mai possibile che ovunque li progettano e li realizzano e da noi nemmeno si prende sul serio l’ipotesi. Si dice che non ci sono soldi per realizzarlo? Bugia, ci sono per gli altri, perché non dovrebbero esserci per noi? Il punto politico è che manca la consapevolezza dell’importanza di questa infrastruttura sanitaria. Allora faccio una provocazione: siccome il punto d’inizio di questa discussione è sempre sbagliato, e verte sui terreni dove fare il nuovo ospedale, io questa volta ho deciso di partire dal punto sbagliato e dico Alessandria, nell’area ‘aereo club’ tra viale Milite Ignoto e l’area cimiteriale. E’ vicino all’Università, il che non guasta in vista dello sviluppo di “medicina”, è contiguo alle aree abitate abbastanza da non stravolgere il tessuto economico, è a ridosso delle più importanti vie di comunicazione”.
Per concludere, Ravetti afferma che “abbiamo compreso che le gestioni delle politiche sociali incidono sulla qualità della salute e ho pubblicato ‘il caso Alessandria’, dimostrando che non c’è uniformità nell’erogazione dei servizi sociali. Il fine di quella ricerca è dimostrare che il diritto ad ottenere un servizio sociale e la qualità dello stesso dipende dal territorio in cui un cittadino vive. E questo non è proprio il miglior caso di giustizia sociale. A che punto siamo del dibattito?”.