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    “Lacci”:
    Generic, Home, Spettacoli
    Barbara Rossi  
    11 Ottobre 2020
    ore
    10:26 Logo Newsguard
    Recensione

    “Lacci”: i silenzi e le parole dei legami di famiglia

    Luchetti racconta un ambiente familiare complesso, il cui sottile filo di insoddisfazione che ne lega i diversi membri si snoda tenace tra gli anni Ottanta e i giorni nostri

    CINEMA – Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo (Lev Tolstoj, Anna Karenina).

    «Mi imbarazzai. Avevo insegnato a Sandro ad allacciarsi le scarpe? Non me lo ricordavo. E a quel punto, senza una ragione immediata, non mi meravigliai più che mi fossero estranei, il senso di estraneità era implicito nel nostro rapporto originario. […] Risposi mentendo: sì, credo di sì, gli ho insegnato tante cose, a Sandro, forse anche ad allacciarsi le scarpe. E Sandro borbottò: nessuno si allaccia le scarpe come me le allaccio io. Mentre Anna mi disse: se le allaccia in un modo ridicolo, non ci credo che anche tu te le allacci così».

    Così il napoletano Domenico Starnone – insegnante, giornalista e scrittore, vincitore nel 2001 del Premio Strega con il romanzo Via Gemito, e già collaboratore del regista Daniele Luchetti nel 1995, per la trasposizione cinematografica del suo La scuola – sintetizza in pochi passaggi e scarne parole la difficoltà, alle volte la stanchezza dei legami parentali; di quel rapporto genitori-figli così spesso raccontato dalle cronache dei media come dalla letteratura e dal cinema, stereotipizzato, a tratti, mai trascurabile.

    Allo stesso modo Luchetti – già assistente e aiuto regista di Nanni Moretti in Bianca (1983) e La messa è finita (1985), oltre che acuto ritrattista di fatti, umori e personaggi tipici del nostro Paese (da Domani accadrà, 1988, e Il portaborse, 1991, entrambi premiati con il David di Donatello, a La nostra vita e Anni felici, 2013) – racconta fra molti silenzi e snervanti pause di discorso un ambiente familiare complesso, il cui sottile filo di insoddisfazione che ne lega i diversi membri si snoda tenace tra gli anni Ottanta e i giorni nostri.

    Come in uno specchio impietoso, che registra mutamenti fisici e manifestazioni del carattere, dapprima ci sono Vanda (Alba Rohrwacher) e Aldo (Luigi Lo Cascio), una giovane coppia che vive a Napoli, nel quartiere Stella, con due figli bambini, Anna e Sandro, ai quali il padre insegna ad allacciarsi le scarpe, come gesto d’affetto e sorta di viatico per affrontare la vita; poi, a distanza di decenni e di una certa quantità di vita, rimangono una Vanda invecchiata, intristita, rassegnata (Laura Morante) e un Aldo bonariamente cinico (Silvio Orlando), alle prese con una quotidianità abitudinaria e volutamente laconica, oltre che con le recriminazioni di Anna e Sandro ormai adulti (Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini).

    Nel mezzo, un rapporto amoroso in un certo senso votato al sacrificio della sincerità, di una comunicazione autentica: un gioco al massacro lento ma inesorabile, con Aldo via via sempre più indifferente e distante, conduttore radiofonico a Roma, amante di Lidia (Linda Caridi) nella tragica consapevolezza di non saper amare; mentre Vanda si rinchiude per sua volontà dentro una gabbia protettiva rivestita di ossessioni e isterie.

    È – mutatis mutandis – Carnage di Polanski, Storia di un matrimonio di Noah Baumbach, o – volendo far riferimento a una pellicola italiana di maggiore vicinanza a livello narrativo e di stile – C’eravamo tanto amati di Scola: coscienti del fatto che Luchetti ha un proprio stile, delicato ma incisivo, maturato nel corso del tempo e che qui traspone fedelmente e non senza una certa fatica la letterarietà del testo di Starnone, con l’obiettivo di mostrare – come scrive lo stesso autore nel romanzo – che «Nelle case c’è un ordine apparente e un disordine reale».

    «Amo i libri di Domenico Starnone», sottolinea Daniele Luchetti in un’intervista per il sito “The hot corn” in occasione della presentazione del suo film a Venezia, dove ha aperto la Mostra del Cinema. «Il suo Lacci credo abbia la maggior parte dei punti di forza nella scrittura. Quando mi hanno proposto di realizzarne l’adattamento ho scoperto che la materia narrativa era così forte che resisteva agli urti della trasposizione filmica. Il libro riguarda noi e questo mi permetteva di identificarmi a turno con tutti i personaggi. […] Credo sia più importante ciò che abbiamo nascosto tra le parentesi temporali che abbiamo messo in scena. Spesso è più importante di ciò che viene detto. Molte volte l’intelligenza dello spettatore è sollecitata a riempire i buchi. Il copione di Lacci ha una fortuna: ha pochissima trama e si consuma tutta nei primi cinque minuti. È la storia di una coppia che si separa. Nessuna scena seguente ha il peso di dover raccontare la trama, è questa la sfida a cui ci siamo affidati. Questo libro ci dava la possibilità di far accadere le cose e non doverle raccontare».

    Lacci
    Regia: Daniele Luchetti
    Origine: Italia, 2020, 100’
    Sceneggiatura: Daniele Luchetti (dal romanzo Lacci di Domenico Starnone), Domenico Starnone, Francesco Piccolo
    Fotografia: Ivan Casalgrandi
    Montaggio: Aël Dallier Vega, Daniele Luchetti

    Cast: Linda Caridi, Adriano Giannini, Luigi Lo Cascio, Giovanna Mezzogiorno, Laura Morante, Silvio Orlando

    Produzione: IBC Movie, Misia Films, Rai Cinema
    Distribuzione: 01 Distribution

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    cinema lucchetti
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