La figlia è positiva, i tracciamenti latitano e la madre, insegnante, cosa deve fare?
La vicenda di Monica Topi, professoressa di Casale, e della sua famiglia
CASALE – Ancora una storia di disguidi, disagi e disorganizzazione nella gestione della pandemia. A raccontarcela è l’insegnante di scuola media Monica Topi.
La Topi, di Casale, inizia la ricostruzione di questa vicenda paradossale quasi un mese fa: «L’11 ottobre mia figlia 16enne Federica (nome di fantasia nda) torna a casa con qualche linea di febbre dopo aver preso parte a un piccolo evento sportivo sul territorio. Non moltissimi partecipanti ma provenienti da diverse città. Inizialmente pensiamo si tratti di un suo cronico male di stagione e prende un antibiotico ma dal 13 di ottobre, su indicazione del medico di famiglia, ci isoliamo in casa in attesa del tampone».
La giovane vi si sottopone venerdì 16 e, il 18, ottiene il risultato: positiva. «A quel punto la isoliamo anche all’interno del nucleo famigliare, che si compone oltre a me di altre due persone. A noi il tampone restituisce invece esito negativo».
Con una figlia positiva al Covid 19 Monica agisce con coscienza e fa partire le telefonate: in primis al Sisp dell’Asl di Alessandria: «Ho spiegato con chi era entrata in contatto Federica affinchè si avviassero i tracciamenti ma non è stato fatto nulla, nessuno ha chiamato nessuno!» denuncia. Chiama un po’ dappertutto: Sisp, Usca, impossibile o quasi prendere la linea per intere giornate. «Molti presenti all’evento sportivo hanno presentato nei giorni successivi dei sintomi, ma ormai non essendo stati contattati da nessuno avevano girato e condotto vita normale sia famigliare che lavorativa tra amici e parenti di diverse zone di Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta!» spiega sconvolta.
Intanto il 25 di ottobre lei e gli altri due figli ottengono il risultato del secondo tampone, dopo il quale, visto che l’esito è negativo, potrebbero uscire. Solo che Monica, che manca ormai da scuola da parecchi giorni, verso sera si sente poco bene: «D’altronde fino al 18, non sapendo della positività di mia figlia, tutti mangiavamo insieme in casa… Non mi fanno ulteriori tamponi, nonostante io li richieda, e vengo messa in malattia semplice, rimanendo in casa. Sono un’insegnante, formalmente sarei potuta uscire ma con una figlia positiva e alcuni sintomi come avrei potuto andare a scuola e mettere a rischio la salute degli studenti?» si chiede.
Rimane perciò in isolamento fino al 30 di ottobre, quando la contatta il Sisp dicendole che il 2 novembre avrebbe dovuto fare il secondo tampone: «Solo che quando vado non mi trovano nel sistema e, dopo mezz’ora, scopro che era Federica che doveva farlo. L’esito è ancora positivo per lei, ci è arrivato ieri (6 novembre)».
Alla situazione, già paradossale, si aggiunge un particolare grottesco: «Proprio ieri ci arriva la Pec dal Sisp (nella scansione qui sopra) che dice che dal 18 di ottobre (sic!) per mia figlia Federica deve iniziare la quarantena domiciliare…» solo che intanto di tempo ne è passato parecchio e Monica rimane nel dubbio su cosa fare: «Gli insegnanti nei tamponi devono avere la precedenza, una corsia preferenziale, se si vogliono le scuole aperte devono esserlo in sicurezza!».
Una sola «luce nel caos – come la definisce Monica – il personale che esegue i tamponi e si fa “il mazzo”, sono sempre stati gentilissimi e positivi, li ringrazio».