La politica nel Duemila a Valenza
Lo storico Maggiora ripercorre gli ultimi 20 anni di storia cittadina
VALENZA – Il secondo millennio si è chiuso, speranze, tristezze e preoccupazioni transitano nel cielo di questo Paese. La globalizzazione, entrata in punta di piedi, piazzata a crescendi esponenziali, è gestita dal potere forte economico-finanziario sopranazionale.
Il nuovo secolo è segnato dall’incubo e dal panico scatenato dal terrorismo islamico contro l’occidente cristiano, in Italia è polarizzato dai fatti e misfatti berlusconiani, lasciando in semioscurità i fallimenti del centro-sinistra che sono parte integrante e responsabile di questo periodo.
Nel maggio del 2001 Berlusconi ritorna alla guida del Paese, ma il mondo del duemila è troppo articolato per assoggettarsi agli schemi e alle sue costumanze peroniste (il centrodestra “c’est moi”). Egli sarà il più amato e maledetto dei nostri Presidenti del Consiglio.
Per la terza volta consecutiva, alle elezioni politiche, Valenza riconferma la propria fede al Polo della Libertà e lo fa in modo chiaro. Rispetto all’ultima consultazione elettorale dell’aprile 1996, il partito che guida la coalizione, Forza Italia, accresce il numero dei propri consensi a scapito dei suoi alleati, passando al proporzionale da 4.580 voti (30,35%) a 6.322 (42,60%): non è un trionfo, ma poco ci manca. Perde viceversa consensi AN che passa dai 2.137 voti (14,6%) del 1996 agli odierni 1.355 (9,13%). In netto calo il mondo dei terzisti, in tendenza con il resto del Paese, anche la Lega Nord scende a 938 voti (6,32%), circa mille in meno rispetto al 1996. Crolla il CCD-CDU che ottiene solo 192 voti (1,29%), nel 1996 erano stati 439. I Democratici di Sinistra, nonostante la forte flessione, si confermano la seconda forza politica locale con 2.431 voti (16,38%), contro i 3.201 (21,21%) delle precedenti politiche. Rifondazione non sfonda con 515 voti (3,47%), come il Nuovo PSI che si ferma a 81 voti, la Fiamma a 100 e la lista Di Pietro a 336 (2,26%). Successo di Democrazia e Libertà con 1.379 voti (9,29%).
Passano due mesi e il mondo si ferma a guardare un’angosciante diretta televisiva; quella del 11 settembre a New York, dove aerei, dirottati da terroristi, si schiantano contro le Torri Gemelle, facendole crollare. Ricominciano le guerre per il mondo; il cervello umano da quando è esistito non è mai riuscito ad eliminarle, forse serve un cervello artificiale per demolire l’ostinazione di quello naturale.
In Comune è sempre più difficile far quadrare i conti. Nel 2001 i trasferimenti da parte dello stato sono poco più di 3,6 miliardi di lire, le entrate comunali circa 10 miliardi (Ici, Irpef, trasferimenti dalla Regione, ecc.). Sulle spese contribuiscono notevolmente il personale, gli interessi passivi e il conferimento dei rifiuti in discarica. Il deficit maggiore si registra per la Casa di riposo (1,6 miliardi), per gli asili (1,2 miliardi), per la biblioteca e il Centro di cultura (circa 900 milioni) e per i centri sportivi (oltre 700 milioni). Municipalizzate, consorzi, cooperative all’uopo, ecc. continuano a bruciare risorse. Proliferano i dipendenti (quasi tutti di comprovata fede politica) e i costosi amministratori di parte. I nostri politici, il pallottoliere lo lasciano continuamente a casa.
Il 3-4 aprile 2005 si torna alle urne per eleggere il sindaco e il nuovo Consiglio comunale. Aumentano le fusa e i corteggiamenti agli elettori (parecchi dei quali si comportano in cabina elettorale con lo stesso parametro che praticano al supermercato), con miagolate anche ai nemici di ieri, per ingraziarsi il voto di preferenza.
Sta per concludersi “l’assolutismo” democratico di Tosetti che, dopo tre mandati, si è avvicinato molto al record di Benito. Il centrosinistra, sfruttando il ruolo di vice che Tosetti per lungo tempo gli ha offerto, candida alla carica di primo cittadino Gianni Raselli. Guida un’ampia coalizione composta di cinque liste: DS, Per Valenza (lista che fa riferimento alla Margherita e allo SDI), Rifondazione Comunista, Valenza Insieme (lista civica). Dopo lo scrutinio, Gianni Raselli e il centro sinistra festeggiano (dalle parti del centro destra un po’ meno) perché il successo se lo aspettavano in molti, ma senza ricorso al ballottaggio lo speravano in pochi. E invece già dopo il primo turno Valenza ha una giunta pressoché interamente rinnovata rispetto a quella precedente. Raselli ottiene 6.790 voti pari al 55%, il suo avversario più accreditato Rossi (FI) ne ottiene 4.804 (39%). Nelle regionali prevale ancora in questa città il centrodestra. La coalizione che sostiene il governatore uscente Ghigo ottiene 6.306 voti (52,73%) contro i 5.464 (44,88%) del centrosinistra che sostiene la vincente e nuova presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso. I due schieramenti si sono molto avvicinati nei confronti delle regionali precedenti del 2000: 54,7% e 35,8%. E’ ormai reso saldo il principio che in questa città non esistono correlazioni tra le politiche o le amministrative regionali/provinciali e le comunali: la gente, alle locali, esprime un voto alla persona poi, alle altre elezioni, appoggia i partiti continuando a votare il solo simbolo del partito e dando così delega in bianco a chi guida all’interno.
Dopo tre lustri il centro destra locale resta una landa desolata, non ha partorito alcuna classe dirigente. Un’enclave (non si sa se timida o elitaria) d’ex socialisti e d’ex democristiani (alcuni hanno trovato quasi un comodo alloggio), qualche solitario e qualche rifiorito (non dotato e portoghese d’adozione). Con le ambizioni di gestire il potere locale, sempre frustrate, rischia di morire d’inedia nell’attesa del messia.
Per le cattive frequentazioni, la Lega si è in parte guastata. Convinta di puntare alla secessione e illusa d’essere pronta per la vetusta repubblica del nord, ha raccolto molte risate di scherno e prodotto solo (per ora) tanto folklore.
Tra le forze della sinistra radicale e delle falci e martelli rispolverati, Rifondazione Comunista è la più esposta alle dissidenze che provengono da pacifisti ed ambientalisti. Qui a Valenza sono incessantemente oscillanti tra la collaborazione e il sovversivismo. Hanno sviluppato uno spirito integralista, una specie di Sessantotto senile.
Nel 2006, Romano Prodi, alla testa di una coalizione cementata dall’antiberlusconismo (quasi una finzione politica che ha messo insieme ciò che non può coesistere, dai cattolici della Margherita agli stalinisti di Rifondazione), vince le elezioni sul filo di lana. Una crescente quota di italiani si è persuasa che basti licenziare Berlusconi per trasformare l’Italia da lager a paradiso; brindano alle fortune del nuovo governo che però non avrà una gran sorte e si spegnerà dopo un paio d’anni di vita sofferta. Osservando i risultati delle elezioni politiche a Valenza del 9-10 aprile 2006 sembra invece che per la CdL tutto vada a gonfie vele, quanto sostiene Berlusconi pare sia vero: metà degli elettori lo sostengono. Il centro destra ottiene a Valenza 8.429 voti (59,91%) alla Camera e 7.882 voti (59,77%) al Senato. Il centro sinistra di Prodi a Valenza si ferma al 40,09% con 5.640 voti alla Camera e al 40,23% con 5.306 voti al Senato.
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Siamo passati dall’era della certezza all’era della convenienza, da un’epoca in cui si credeva in ciò che si diceva e un’altra in cui si finge, si recita. Si simulano opinioni più collimanti alle esigenze del mercato politico, per non rimanerne fuori. Comunisti che si professano liberali, missini che celebrano l’antifascismo, sessantottini che elogiano la meritocrazia, ex socialisti che condannano lo statalismo. Siamo entrati in una fiction. Dopo i propagatori delle ideologie sono arrivati i propagandisti del nulla.
Nel mondo la sinistra conserva il nome e cambia le facce, da noi cambia nome di continuo ma alcuni volti si fatica a toglierli di mezzo. Diverse idee della sinistra poi sembrano ormai svendute, ma abbandonando quelle idee gli ex pci, pds, ds, pd rischiano grosso. Interessanti le risposte al questionario compilato dai votanti alle primarie di Valenza, che incoronano Veltroni come segretario del PD (partito nato nell’ottobre 2007 dalla “fusione a freddo” dei vari partiti di centro sinistra), permettono di delineare uno spaccato della volontà e delle brame, per nulla scontate, di questa sinistra valenzana. Essa chiede: un partito che sappia ascoltare e interpretare, trasparenza e coerenza, d’essere più coinvolta nelle decisioni, un fisco più equo, la riduzione dei parlamentari, un servizio sanitario più adeguato. Sembra sia stato effettuato tra i centrodestristi: in fondo la gente vuole le stesse cose, finché la pazienza dura.
Si torna al voto il 13-14 aprile 2008. Riappaiono i gazebo in piazza Gramsci: ormai potrebbero anche lasciarli perennemente, è l’unico modo che hanno i partiti locali per farsi ascoltare da qualcuno. Una volta gli “onorevoli” (titolo condiviso ormai solo con i mandarini cinesi e i malavitosi siciliani) erano eletti dalla gente, ora si scelgono tra loro, in modo analogo ai Cavalieri della Tavola Rotonda. Il partito di plastica e il Carroccio incassano nel Paese un eloquente 49,9% alla Camera e un’ancora più netto 50,4% al Senato. Berlusconi torna al potere, il centro sinistra torna all’opposizione e qualcuno tira un sospiro di sollievo: non deve più scendere in piazza contro se stesso. Uno dei migliori exploit della provincia si verifica nella nostra città dove l’alleanza di centro destra registra il 58% dei voti, ma la performance più consistente è quella leghista che rispetto alle elezioni di due anni prima raddoppia i suoi voti: 11,6% al Senato (5,35% nel 2006) e 12,03% alla Camera (5,47% nel 2006). Il nuovo Partito Democratico (DS + Margherita) si attesta al 28% al Senato e al 27,35% alla Camera. Amareggiati gli esponenti della Sinistra Arcobaleno, della Lista Di Pietro, dell’Unione di Centro e la Destra, tutti sotto il 4%.
Il PD e il PdL sono ormai due partiti conservatori di massa, che si sono diversificati tra loro principalmente per le rendite verso cui hanno avuto un occhio di riguardo, ma il voto degli operai valenzani, in maggioranza alla Lega e al PdL, testimonia che il paradosso è qui diventato realtà. Il popolo valenzano si è sganciato sempre più dalla sinistra perché essa ha seguito percorsi interiori e culturali oscuri a molti cittadini: la società multietnica, la libera migrazione, l’orrore per ogni intervento repressivo, ecc. facendosi impantanare in una melassa finta umanitaria (ci si sente più illuminati a essere tolleranti). Per una certa sinistra poi gli avversari sono stati spesso considerati cafoni, razzisti, ecc., e questo disprezzo antropologico è ora sopportato sempre meno da molta gente.
All’opposto, il centro destra locale è sempre un po’ complessato, ha una certa imperizia politica nelle sue punte istituzionali del luogo, con carenza di pensieri e di proposte. Complesso d’inferiorità? Di certo pesa l’attitudine alla pavidità ereditata da un certo democristianismo, disposto a tollerare l’intollerabile pur di non avere grane e dedicarsi alle faccende con la necessaria quiete. Mentre la Lega è stata in questi ultimi tempi la più coraggiosa nel contrastare il potere locale.
Nell’estate 2009, all’interno del governo della città, si aprono alcune allarmanti crepe e al perplesso sindaco Raselli, praticamente, non resta che abbandonarsi. È diventato un Consiglio comunale con una maggioranza eterogenea e litigante che comprende al proprio interno miscredenti, agnostici, cattolici e un’opposizione che pare una compagnia di ventura. Voti non favorevoli da membri della maggioranza e verifiche per capire se essa esista ancora, finché dalle scintille si passa all’incendio che prepara un periodo pre elettorale “infuocato”.
Nelle elezioni comunali del marzo 2010 la sinistra pare si sia inventata una maniera efficace per farsi male: dividersi e proporre tre candidati a sindaco.
Il centro destra, definito da chi non lo sopporta anticomunista e padronale, che sogna da tanti anni di prendere il timone del Municipio, punta sull’imprenditore Sergio Cassano, cercando forse di unire l’intelligenza economica alla passione politica.
Dai risultati, il primo partito è composto dai valenzani che si sono chiamati fuori ostentando fastidio e infiacchimento per questa politica e, infischiandosene del PD, del PDL e della Lega, non hanno votato; l’astensione è stata al massimo nella storia di quest’esemplare di consultazione. Sergio Cassano per poco (48,65%) non è incoronato già al primo turno. Il PdL, come per le regionali e come consuetudine nelle comunali, retrocede ma ottiene quasi il 30%, Lega Nord 14,08%-PD 16,22%-Per Valenza 9,77%-Lista Tosetti 11,45. Nelle regionali, PDL 35,71%-PD 21,78%-LN. 19,33%.
Lunedì 12 aprile 2010 il tabù è infranto, la roccaforte rossa cade: testimonianza di un momento critico o forse, della fine di un’epoca; anche se di vere sinistre in campo non ce n’erano tre, ma neanche una. Il PD valenzano paga certi personalismi. Dopo aver governato quasi tutto in questa città, con troppe antipatie e disaffezioni, è ormai poco votato dai più giovani. Il centro destra, sempre sconfitto alle comunali, questa volta non si lascia sfuggire la conquista del Comune. Merito principale di Sergio Cassano, un raffinato imprenditore trovato fuori dai recinti dei partiti, vince, al ballottaggio, con una maggioranza schiacciante di 6.081 voti, pari al 59,43%, contro i 4.152, equivalenti al 40,57%, del candidato del centro sinistra Costanza Zavanone.
Difficile dire se quest’esito è stato meramente pregio del centrodestra o demerito altrui, ossia per sopraggiunta inaffidabilità dei “leali” al centrosinistra di un tempo. Il radicalismo leghista esce premiato dalle urne; altroché “barbari”, le camicie verdi sembrano i più abili e i più fedeli; si sono pure impossessati d’alcuni valori della sinistra, poiché ormai il federalismo è diventato l’araba fenice. Questa sinistra, un po’ radical e molto chic, ha sostituito il comunismo e i suoi miti ripiegando sui diritti civili, gay, pacifismo, sempre a sostegno dei più indigenti. Per cui essa sta con i poveri e la destra con i ricchi, ma se così è mezza Valenza sembrerebbe ricca.
Ci darebbe aiuto pensare che, alla base dell’affermazione di Cassano, vi sia prima di tutto la sfiducia verso chi ha diretto la città fin qui, ma probabilmente non è proprio così, poiché, in verità, per i concittadini non cambierà poco nulla. Se non i governanti politici e non i veri decisori tecnici. E poi in politica si vince, si perde e si può rivincere. Le democrazie che funzionano sono amministrate ora dall’una e ora dall’altra. Da noi, tuttavia, pare che nessuno non perda mai veramente, e poi non è detto che chi arriva sia superiore di chi se ne deve andare. Anzi.
In tempo di luccicar di forbici, spending review e tagli alla spesa, nel bilancio comunale le vere entrate ammontano soltanto a 25 milioni circa. Un bilancio che viaggia sui 60 milioni di euro, un Fondo solidale comunale dove i valenzani versano allo Stato 2,5 milioni di euro e n’ottengono solo 1,6. Insomma, si continua a tirare la cinghia, cosa peraltro che quest’amministrazione sta facendo da diverso tempo.
Nel febbraio 2013 si torna alle urne per le politiche e nasce un’altra potente forza contagiosa dell’antipolitica chiamata “Movimento 5 Stelle”; rappresenta una deriva intransigente della sacrosanta protesta popolare. Il successo del leader da provvidenza estrema Grillo, che manda a quel paese un po’ tutti esasperando l’antipolitica e l’antieuro, è sorprendente. A Valenza ottiene ben 3.223 (27,22%) voti alla Camera e 2.846 (25,56%) voti al Senato. A ricevere le spese della turbolenza, il Centro Destra locale che ottiene il 37,11% alla Camera e il 38,33 al Senato, mentre il Centro Sinistra procaccia solo il 23,65% alla Camera e il 24,90 al Senato. Daniele Borioli si assicura un posto al Senato tra i democratici; erano decenni che un valenzano non occupava un seggio così prestigioso. Egli è uno dei pochi sopravvissuti alla moria di politici locali degli ultimi tempi
Come in tutto il Paese, nelle nuove consultazioni elettorali del 25 maggio 2014, anche a Valenza il PD (bene o male erede del PCI) quasi si raddoppia in poco più di un anno, dal 22% del febbraio 2013 al 40% (38,68% europee 41,39% al nuovo presidente regionale Chiamparino), mentre FI scende dal 32% al 22% alle europee (un centrodestra in luna calante, tutto da reinventare). Più che una vittoria, è un trionfo, Renzi ha trasformato pure quella sinistra valenzana d’antan. Egli ha stravinto in tutt’Italia, con percentuali senza precedenti. Nel paese dei sor Tentenna e dei veti incrociati, adesso dei gufi, si sentiva la voglia di qualcuno che dicesse stop, ora governo io, l’immacolato di ieri con la verginità del fare per un popolo di speranti. Purtroppo, la “renzite acuta” ben presto si rivelerà dolorosa.
Tracollo più contenuto, per il movimento di recente conio: M5S ottiene a Valenza il 22,4% alle europee ed il 22,66 alle regionali, un anno prima alla Camera aveva raggiunto il 27,22%.
All’inizio del 2015 si aprono le danze per il nuovo governo municipale, con la voglia di voltare pagina e con alleanze extraconiugali, ma tra i valenzani regna pure una certa angoscia: che il nuovo sia perfino peggiore del vecchio.
Sullo scoglio del bilancio s’infranse il centro sinistra nel 2010 e, a pochi giorni dalle elezioni comunali 2015, nello stesso modo (consuntivo 2014) s’infrange la traballante maggioranza di centro destra. È il segnale della disgregazione del dilaniato centrodestra che neppure un accordo in extremis, nei giorni precedenti il ballottaggio, riesce realmente a compattare.
Il consuntivo 2014, sarà approvato nel luglio 2015 dalla nuova maggioranza PD, con un pareggio di 57 milioni di euro e con 22 milioni di spese correnti. I valenzani si trovano ora maluccio, con un debito pro capite imbarazzante e la risposta si spera non sia il solito pasticcio delle capitalizzazioni (in partecipazioni, in crediti, in cespiti), svendendo qualsiasi bene comunale per far cassa e pure la dignità, ammesso che ce ne sia ancora.
Leit-motiv della campagna elettorale: la piscina comunale, da tempo inagibile, da riaprire o da surrogare con il nostro fiume, come è stato per millenni. E tante bugie a fin di bene.
In un clima di malcontento e defezioni, le liste elettorali per queste comunali attingono ad un personale politico in parte nuovo. Si devono eleggere 16 consiglieri oltre il sindaco: 10 andranno alla maggioranza e 6 all’opposizione. I candidati consiglieri nelle diverse liste sono ben 203, con i candidati a sindaco si arriva a 210, circa un candidato ogni 100 abitanti. E’ rilevatore del malessere della democrazia e della sua affidabilità.
Il primo turno si chiude con l’ottimismo d’obbligo del vincitore delle primarie PD, candidato più accreditato, Barbero (38%) e le recriminazioni di Cassano (20%) per il fuoco amico. La baracca del centro-destra frana completamente, “senza il partito non siamo niente” diceva un vecchio slogan bolscevico. La Lega del negoziante Oddone e i grillini dell’orafo Cresta sono soddisfatti del loro 15%. Risultato elettorale sconfortante per FI (13%) in arretramento a fronte dello sfondamento leghista (il terzo incomodo): è scesa a percentuali imbarazzanti e quasi marginali, da non menare vanto.
Per il ballottaggio del 14 giugno 2015 Barbero parte in vantaggio, ma Cassano non si dà per vinto e schiera una supercoalizione composta da FI, Lega, FdI e gruppo Merlino. Sua “altezza” Gianluca Barbero, esponente navigato del partito democratico, si riprende il Palazzo che gli altri si sono pigliati in noleggio per cinque anni. I pochi votanti del ballottaggio (43%) danno a Barbero il 54% ed a Cassano il 46%. Il senso civico non c’è più, ammesso che ci fosse prima e, purtroppo, governare stanca, dovunque ti volti trovi una gatta da pelare.
Un verdetto schiacciante e inequivocabile, che costringerà alle dimissioni il baby premier Renzi, è quello del referendum istituzionale del dicembre 2016. A Valenza i Si sono il 43,34% e i No il 56,66%. Alle politiche del 4 marzo 2018, nella Camera Uninominale, la Lega ottiene il 24,4%-FI 19,91%-FdI 4,32%- M5S 24,27%-PD 18,45%.
Nel maggio del 2019 si tengono le europee e le regionali del Piemonte (vinte dal Centrodestra con Cirio). Stravince la Lega che ottiene a Valenza il 41,78% alle regionali e il 41,67 alle europee, Forza Italia e M5S si sono sbriciolati e viaggiano ormai sul 12%, il Partito Democratico sul 20% e la Meloni con FdI sul 6%. Quasi metà degli elettori non hanno votato, siamo tornati molto indietro quando la politica era riservata ad un gruppo ristretto e gli altri soggiacevano. Tuttavia in quell’epoca i politici erano preparati e competenti, mentre oggi qualcuno sostiene che più mediocri dei nostri concittadini, ci sono soltanto coloro che li governano.
Tra la recessione e le esasperate misure di contenimento in campo, la campagna elettorale in vista delle prossime consultazioni comunali (forse differita in autunno causa Covid 19) è avviata, ma diversi venerandi politici locali sono svaniti; restano solo alcuni caparbi apostoli e pochi apologeti. La “damnatio memoriae” per la vecchia arte del governare è così radicale, che sarà difficile e imbarazzante riproporre degli “highlander” locali per il nuovo Consiglio comunale (che se restasse chiuso, potrebbe capitare che nessuno se n’accorga). Poiché ormai a Valenza un elettore su due è stato messo in fuga: occhieggia schifato, disilluso, confuso e indifferente all’attuale politica.