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    Enrico D'Urso  
    18 Maggio 2021
    ore
    17:30 Logo Newsguard
    Diario di un atomo perbene

    La Francia allunga la vita alle sue centrali nucleari

    Nelle scorse settimane l’ente regolatore per il nucleare francese, l’Autorité de sûreté nucléaire (ASN), ha delineato le linee guida per estendere di 10 anni la vita di 32 reattori nucleari classe 900 (o CP), entrati in funzione fra il 1978 ed il 1987, che hanno superato o sono prossimi a superare i quaranta anni di vita. Ogni reattore dovrà essere revisionato e saranno decise le opere di manutenzione necessarie per concedere l’estensione.

    Questa decisione ha destato discussioni sul tema dei rischi connessi all’invecchiamento degli impianti. Come mai era stato preso in considerazione proprio il termine di quaranta anni e perché si concedono questi allungamenti della vita dei reattori?

    Agli albori dell’era nucleare vi era una limitata conoscenza dell’invecchiamento dei materiali sottoposti a potenti e prolungati bombardamenti di radiazioni. All’epoca, venne calcolato che, per rimanere entro parametri di sicurezza, si poteva considerare raggiunto il limite di vita degli impianti allo scadere di quaranta anni. Nei decenni successivi è aumentata la conoscenza dei processi di invecchiamento e sono migliorate le tecniche di ingegneria nucleare. Ciò ha comportato la rivalutazione dei danni dovuti alle radiazioni (che sono risultati inferiori al previsto), consentendo opere di grande manutenzione un tempo impensabili e che oggi sono svolte quasi di routine (come la sostituzione dei generatori di vapore). Sono migliorate le tecniche di diagnostica e riparazione, il che rende possibile l’individuazione di danni un tempo invisibili e consente di riparare persino parti delle fondamenta delle centrali. L’unica parte non sostituibile rimane il reattore in sé, a causa della sua altissima radioattività indotta da neutroni.

    Tutte queste tecniche innovative hanno quindi reso possibile l’estensione di vita dei reattori molto oltre la vita di progetto, aumentando al contempo la produzione di energia e diminuendo i costi. In Europa molte nazioni stanno procedendo a prolungare la vita dei reattori, con durata variabile a seconda della legislazione nazionale, a partire dalla Svizzera che ha i due reattori più vecchi d’Europa (Beznau 1 e 2 accesi a fine anni ’60, superati nel mondo solo dai due indiani di Tarapur). Caso emblematico sono gli Stati Uniti: in aggiunta alla prima estensione a 60 anni (che quasi tutti i reattori hanno già richiesto ed ottenuto), sei reattori hanno ricevuto la seconda estensione a 80 anni, che porterà ad esempio i reattori di Surry a chiudere verso il 2050. Oltre a questa seconda estensione, l’ente regolatore americano (NRC) sta valutando una terza estensione a 100 anni.

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    Il motivo di queste estensioni è economico e ambientale. Usare una macchina per un periodo più lungo consente di produrre energia a costi più bassi (come evidenziato dall’ultimo rapporto IEA, l’agenzia internazionale dell’energia) ed evita gli oneri economici e ambientali per la produzione di milioni di tonnellate di materiali grezzi necessari per la sostituzione degli impianti. Si ottiene anche un ulteriore abbattimento della già bassa impronta di CO2 del nucleare, onde fronteggiare più efficacemente il problema climatico.

    L’allungamento della vita dei reattori francesi rientra nel piano, mai formalmente abbandonato, di diminuire la percentuale di generazione nucleare nel mix nazionale, portandola al 50% nel corso dei prossimi decenni. La diminuzione della componente nucleare potrebbe essere raggiunta grazie ad una maggiore elettrificazione (maggiore uso di auto elettriche o ad idrogeno). Ancora non si sono delineati in Francia i piani di sostituzione degli attuali impianti nucleari oltre a Flamanville 3, che sostituirà la centrale di Fessenheim. Per ora, è stata proposta la costruzione di sei EPR-2, una versione ottimizzata dell’EPR, il modello di reattore nucleare in costruzione a Flamanville.

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