Google Flocs o Google Flops?
Avete presente quanto consultate, senza comprarlo, un libro su Amazon e poi questo testo vi insegue in giro per la Rete con l’invito, pressante, a ripensarci e a completare l’acquisto? O, peggio ancora, quando riservate un hotel a Pordenone e, per qualche settimana, siete spronati ad effettuare una nuova prenotazione… ma quante volte dovrò andare poi a Pordenone? Queste pubblicità, che si definiscono “retargeting”, nascono dall’utilizzo di cookie di terze parti, una tecnologia che i browser di tutto il mondo intendono bloccare nel prossimo futuro. Non è ancora chiaro però con cosa sarà sostituita: Google ha annunciato lo scorso ottobre una modalità di riconoscimento aggregato degli utenti (Google Flocs), ma al momento ha ricevuto risposte tiepide, se non ostili. Non c’è da preoccuparsi dunque: ancora per un po’ i cookie non saranno solo biscottini, ma anche briciole di pane con cui gli attori della Rete ripercorrono i nostri passi per riconoscerci ed esporci alle loro pubblicità.
La decisione, da parte di Google, di bloccare i cookie di terze parti per sostituirli con una profilazione basata su gruppi di utenti omogenei per interessi espressi – le Federated Learning of Cohorts (FLoCs) – ha ricevuto al momento una reazione contraria o tiepida dagli altri browser, i quali bloccheranno anch’essi tali cookie, e la sua sperimentazione non è al momento attiva in Europa per via del GDPR.
Se dunque non ancora chiaro il futuro della tecnologia con cui i siti potranno riconoscere gli utenti per mostrare loro una pubblicità personalizzata, a non essere investiti da tale cambiamento sono le grandi piattaforme digitali – da Facebook ad Amazon, da Google a TikTok – la cui navigazione ha prevalentemente luogo nell’ambito di aree soggette a registrazione in cui gli iscritti, sempre loggati, sono riconosciuti e gli algoritmi hanno la possibilità di servire loro prodotti correlati e messaggi pubblicitari pertinenti.
Una decisione nata per rispettare la privacy nasconde dunque il rischio che si trasformi in un processo di ulteriore concentrazione della spesa pubblicitaria nelle mani di pochi attori. Se si considera infatti il fatto che, dal 2020, la raccolta pubblicitaria online ha superato anche nel nostro Paese la raccolta televisiva e che Google e Facebook intercettano il 78% di tali investimenti, si comprende perché il blocco dei cookie di terze parti sia oggetto di un dibattito molto acceso nel mondo della pubblicità online.
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Alessandrino ed esperto di digital: ecco chi è Andrea Boscaro