Terre Magiche: il turismo tra storia e leggenda
L’idea di turismo si sta profondamente trasformando negli ultimi anni: Ibiza, Costa Smeralda e Rimini continuano ad esercitare il loro fascino sulle anime vocate alla vita mondana e notturna così come le meravigliose città d’arte italiane e le grandi mete internazionali continuano ad attrarre gli esploratori superficiali del terzo millennio. A margine di questo business consolidato si vanno via via affermando iniziative locali di profonda qualità, vocate ad un turismo selettivo, in grado di coniugare arte, storia, cultura ed enogastronomia, come ci racconta il nostro Davide Pietro Boretti in questa prima parte di una storia affascinante.
Il nostro territorio provinciale ha visto sorgere negli ultimi anni una nutrita serie di interessanti proposte innovative: le Terre Magiche sono catalogabili fra queste nuove idee di turismo. Oltre 100 km da percorrere a piedi, a cavallo e in bicicletta fra i comuni di Capriata d’Orba e Castelletto d’Orba, due comuni inseriti nei territori dell’Ovada docg e del Gavi docg, nella parte più a sud del territorio provinciale, ai piedi dell’appennino.
L’iniziativa, promossa dalle amministrazioni comunali di Capriata d’Orba e di Castelletto d’Orba ha richiesto un importante impegno per la tracciatura dei sentieri, taluni andati addirittura persi nel tempo e ripristinati grazie anche alle conoscenze delle persone del territorio. Sfruttando al massimo le potenzialità offerte dalle più recenti tecnologie supportate anche dai sistemi GPS è oggi possibile incunearsi fra vigne di Dolcetto e di Cortese, superare i ruscelli che scendono dai contrafforti appenninici prima di tuffarsi nell’Orba, attraversare boschi impenetrabili residui del fantasmagorico Bosco del Gazzolo che ricopriva l’intera area fra Novi e Ovada e trovare infine la retta via per rientrare alla meta senza alcun patema d’animo.
Un turismo senza tempo che ci riporta indietro di secoli, in periodi contrassegnati da traffici di pellegrini diretti verso le grandi mete della cristianità, da Roma a Gerusalemme finanche a Santiago de Compostela per i più temerari devoti a omaggiare quanto Teodomiro, il vescovo della diocesi Iria Flavia, l’attuale Padrón, aveva scoperto: la tomba che conteneva tre corpi, uno dei quali aveva la testa mozzata ed una scritta: “Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomé”.
Al giorno d’oggi possiamo ragionevolmente pensare che le Terre Magiche possano essere associate ad un modo di vivere la propria vacanza in una forma differente, più vicina alla natura, più consona alla voglia di scoprire le chicche di un territorio di incommensurabile bellezza quale è l’Alto Monferrato che si estende dai colli Ovadesi fino a Gavi. Come afferma Stefano Cavanna, assessore del comune di Castelletto d’Orba e tra le anime ispiratrici di questa iniziativa, è fondamentale riscoprire i nostri territori e portare alla luce eventi, storie, leggende e prodotti per attrarre un turismo qualificato che voglia esplorare questo territorio che spesso è sconosciuto anche a chi lo abita.
Questo è uno spunto di riflessione anche per il settore al quale siamo più affezionati: il vino. Sovente nei territori dell’ovadese e del Gavi si trovano leggende legate al vino e luoghi particolari che riecheggiano nelle etichette dei prodotti vitivinicoli.
La più celebre è legata alla principessa Gavia o Gavina presunta figlia del re Merovingio Clodomiro, presumibilmente frutto di una relazione illegittima, una “ius primae noctis”, o una adozione, data la bellezza e la grazia di quella bambina che si dice essere stata la figlia prediletta del regnante.
Il Re Clodomiro fece modo di far entrare la bella Gavina nella corte di Teodorico, prima come damigella, e poi, lui sperava, come sposa di un suo discendente. Questo sposalizio avrebbe garantito una solida alleanza ma il disegno non si realizzò al 100%.
Gavina, dal carattere forte e ribelle, si era innamorata di Philipe, un bel nobile decaduto che in quel tempo viveva nella corte di Clodomiro. Gavina aveva deciso che Philipe sarebbe stato l’uomo della sua vita e decise che l’unico modo per poter realizzare il suo sogno d’amore era la fuga.
Non era certo il denaro che mancava alla bella principessina, ma per sicurezza ne prese dell’altro dagli scrigni di famiglia e, corrotto uno stalliere, mise in pratica il suo piano. Una sera, all’insaputa di tutti, scappò con l’amato Philipe. Lasciato il castello d’Orlèans, con una piccola carovana che trasportava gli oggetti a lei più cari, i vestiti e il cospicuo tesoro, i due oltrepassarono le Alpi in direzione delle coste del Mediterraneo ma arrivati in Val Lemme, Gavina rimase affascinata da quel luogo collinare così dolce e particolare.
Vi era un’altura che dominava un paesello senza nome e su questa c’erano delle mura di un’antica base romana. Gavina capì che non ci sarebbe voluto molto per rendere quel posto la sua nuova dimora. L’altura aveva una sorgente e il terreno era fertile. Gavina si prese cura della nuova terra, aggraziandola e migliorandola, e iniziò a tessere le relazioni con la popolazione del paesello per il quale lei nutriva affetto, tanto da definirlo “mon cherie”. Forse fu questo simpatico nomignolo che diede poi il nome alla parte centrale borgo di Gavi, “Monserito”.
Col tempo l’attrazione tra Gavina e Philipe andò scemando e il nobile rivelò la sua scarsa personalità passando le sue giornate nelle bettole del borgo, dove non solo raccontava la sua storia mettendo in bella vista le sue monete, ma beveva vino (l’antenato del Gavi, chissà?) e si accompagnava con donne di malaffare. Proprio per questo motivo la notizia della nuova dimora di Gavina arrivò rapidamente alle orecchie dei cavalieri di Re Clodomiro che erano da tempo alla ricerca della principessa.
Per paura della punizione del Re, saputo della presenza dei cavalieri, Philipe rubò quanto più avrebbe potuto alla fanciulla e scappò facendo perdere le sue tracce. Gavina, era molto più preoccupata del fatto di essere stata scoperta e si preparò all’ira del padre facendosi intercedere dalla zia Amalasunta.
Grazie alle richieste di Amalasunta, Teodorico chiese a Clodomiro di perdonare la figlia: come ogni storia a lieto fine il re accettò le scuse e permise a Gavina di rimanere in terra italica. Il re ostrogoto aiutò Gavina a costruire il castello e la possente cinta muraria attorno al paesello.
Dopo la morte di Teodorico, il regno ostrogoto passò nelle mani del giovanissimo figlio di Amalasunta, Atalarico, il quale morì molto giovane. Pur non potendo sedere sul trono in quanto donna, Amalasunta decise allora di farvi sedere a suo fianco il cugino Teodato. Nel frattempo, Gavina regnò a lungo sul proprio feudo senza la necessità o il desiderio di una figura maschile, portandovi un periodo di grande prosperità e pace.
Storia o realtà? Chissà! Gavia o Gavina che dir si voglia troneggia oggi in tutti gli eventi del Gavi, è l’emblema del territorio e del vino, accomuna storia, leggenda, cibo e vino del territorio. Capriata d’Orba è parzialmente ricompresa nella denominazione Gavi Docg. Percorrendo il sentiero delle Terre Magiche contrassegnato dalla lettera G possiamo ammirare alla nostra sinistra le splendide vigne di questo bianco inaspettato, capace di donarci piacevoli sensazioni sin da giovane, ma al contempo in grado di suscitare in noi emozioni ancor più intense se lasciato riposare qualche anno, meglio nelle fresche cantine di tufo di qualche cantina che un tempo antico avrebbe potuto essere il nascondiglio di qualche suddito della splendida Principessa Gavia.
Se oggi percorriamo uno dei 14 sentieri delle Terre Magiche e ci tuffiamo in un sentiero lungo una vigna di cortese, possiamo ammirare un panorama rimasto intatto nei secoli: vigne di cortese che si estendono a perdita d’occhio e ci donano un vino, il cortese, che indipendentemente dalla denominazione Gavi Docg migliora col tempo, e si sa esprimere anche nella versione metodo classico (con le bollicine, per intenderci) per accompagnarci ad un piacevole tutto pasto estivo. Un vino da leggenda, conosciuto in tutto il mondo, con un nome facile e bellissimo, come la sua madrina Principessa Gavia, musa ispiratrice e anima di questa terra.
Altre avventure di queste Terre Magiche ci attendono, avremo altri siti misteriosi dove la leggenda e la storia si intrecciano davanti ad un calice di buon vino: il Castello di Castelletto d’Orba ed i suoi reconditi anfratti, con tracce del passaggio di personaggi illustri, Capriata d’Orba, la dimora della Marchesa, citata nelle visite pastorali e nei testamenti del Settecento, ricordo delle grandi proprietà dell’aristocrazia genovese, situate nell’antica area che collegava Genova a Novi Ligure, il ramo della via Francigena che portava i pellegrini ad imbarcarsi a Genova per il viaggio a Roma o addirittura a Gerusalemme. Pellegrino, sempre per strada, “per ager”, pronto comunque a fermarsi in ogni bettola per rinfrescarsi con un calice degli ottimi vini di queste terre, il cortese (o Gavi se nel comprensorio della Docg) ed il dolcetto (o Ovada Docg se conforme al disciplinare omonimo).
Anche questa volta il bicchiere è mezzo pieno, magari di quel nettare che ci riporti alla mente la Principessa Gavia.
Salute!