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    Marco Bertoncini - Simone Baldin  
    10 Febbraio 2022
    ore
    13:28 Logo Newsguard
    Le due cerimonie

    Il Giorno del Ricordo ‘diviso’ di Casale. Ecco come è andata

    Da una parte l'evento istituzionale, dall'altro la contromanifestazione dell'Anpi

    CASALE – Oggi è il Giorno del Ricordo, solennità nazionale istituita nel 2004 per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

    Per celebrarlo ci sono state due manifestazioni. La prima, quella istituzionale, organizzata dal Comune e dal Comitato 10 Febbraio, nell’area pedonale intitolata a Norma Cossetto. L’altra, a cura dell’Anpi, in dichiarata contraddizione alla prima, alla lapide di viale Giolitti. Il motivo della contestazione, cui hanno aderito (boicottando la prima) diversi partiti e formazioni civiche (Articolo 1, Casale Cuore del Monferrato, Partito Democratico, Sinistra Italiana, Patto con i Cittadini e Casale Insieme), è da attribuirsi proprio alla volontà del Comune di coinvolgere nell’organizzazione il Comitato 10 febbraio.

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    Le premesse per una mattinata complicata, c’erano tutte. Dopo le dichiarazioni dei giorni scorsi oggi, nella notte, lo striscione (rimosso dagli operatori del Commissariato di Pubblica Sicurezza nelle prime ore della mattinata) di Monferrato non Conforme, la declinazione casalese di CasaPound, davanti alla lapide di viale Giolitti. Un gesto inequivocabile: “Anpi difende gli infoibatori titini. Vergogna!”, cui ha fatto seguito una nota.

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    Le due celebrazioni si sarebbero potute sovrapporre. Fissata alle 10 la prima, alle 10.30 la seconda. Così non è stato. Quella ‘istituzionale’ è iniziata puntuale alle 10 per terminare proprio pochi minuti prima che iniziasse quella dell’Anpi. Ecco come è andata in entrambe.

    «Fu pulizia etnica, lo dissero anche Napolitano e Mattarella»

    Nell’area ‘Norma Cossetto’, a fianco del Mercato Pavia, autorità militari, civili (con diversi sindaci in fascia tricolore nonostante il giorno feriale) e le scolaresche. Primo a prendere la parola, dopo l’alzabandiera e l’inno di Mameli, il sindaco Federico Riboldi.

    Nel suo discorso introduttivo il primo cittadino ha ripreso più volte un concetto, quello di ‘pulizia etnica’, a più riprese negato dai promotori dell’altra manifestazione. «Fu pulizia etnica che coinvolse gli italiani» uno dei passaggi che hanno seguito il ricordo della figura di Norma Cossetto: «Seviziata e uccisa dai partigiani comunisti di Tito».

    Dopo di lui lo storico Federico Cavallero di Piemontestoria: «L’Italia nasce da una guerra civile con ferite ancora aperte che portano a una storia controversa. Continuano a uscire documenti che confermano la volontà di realizzare una pulizia etnica. In foiba finirono anche i partigiani non comunisti, mentre in tutta Europa si festeggiava a Trieste il Cln passava in clandestinità. Dopo tanti anni la verità emerge, ripudiamo ogni visione di contrasto e opposizione. La storia si fa tutti insieme, da buoni italiani».

    A seguire il professor Andrea Virga, referente del Comitato 10 Febbraio: «Negare è impossibile, e allora c’è chi cerca di sminuire. Di pulizia etnica parlò anche Giorgio Napolitano nel 2007 e ancora Sergio Mattarella a febbraio 2020. Cerchiamo di non farci strappare questo ricordo per comprendere una delle più importanti tragedie, in cui una parte di territorio d’Italia cessò di essere tale».

    Nella cerimonia anche l’intervento di don Martin Jetishi, parroco di San Germano, nato nell’attuale Kosovo: «Tito ha ucciso migliaia di innocenti, ma i cattolici non hanno mai accettato di sottomettersi alle sue ideologie, è come Putin, un altro dittatore» ha detto prima di una preghiera.

    Dopo la deposizione della corona d’alloro al monumento di Michele Privileggi, l’intervento più significativo del sindaco Riboldi: «Abbiamo ricordato momenti difficilissimi, dobbiamo farlo con unità e senso di pacificazione nazionale – ha esordito – Una piccolissima minoranza oggi vuole negare questi eventi, dobbiamo fare in modo di non sentirci mai eredi di coloro che hanno creato questi eventi tragici. Negare vuol dire giustificare, che nessuno si senta in continuità con quegli anni se vogliamo una pacificazione. Andate a trovare i nipoti, i figli e i profughi stessi di quell’esilio».

    «L’abbiamo ritenuta una provocazione»

    A pochi istanti di distanza dalle parole conclusive del primo cittadino ha preso forma la breve ‘contro-cerimonia’ in viale Giolitti. Dopo la deposizione di un vaso di fiori ai piedi della lapide (nelle ore precedenti il Comune aveva fatto apporre una corona), a prendere la parola davanti a più di 50 partecipanti è stata Carla Cagliardini in rappresentanza dell’Anpi.

    «Siamo qui oggi perchè il Comune ha scelto di collaborare con il Comitato 10 febbraio, andando contro tutte le regole istituzionali: l’abbiamo ritenuta una provocazione» ha subito spiegato. 

    «Abbiamo optato per portare qua oggi una testimonianza – ha quindi continuato – Il Giorno del Ricordo ci obbliga a fare una riflessione su tutto ciò che è accaduto sul fronte orientale. Si parla di foibe, ovviamente, ma si parla anche di tutte le tragedie scatenate dalla guerra e dal nazi-fascismo».

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