Pondrano all’Eternit Bis: «Le difese di Schmidheiny cercano di insinuare il dubbio»
NOVARA - È ancora in corso l’udienza di oggi del processo Eternit Bis, che ha ripreso questa mattina dopo quasi…
Ventidue testimonianze quest'oggi a Novara nel processo per omicidio volontario al magnate Stephan Schmidheiny
NOVARA – Dovevano essere 33, sono state invece 22 le testimonianze ascoltate oggi a Novara nell’ambito del processo Eternit bis, che vede imputato in Corte d’Assise con l’accusa di omicidio volontario di 392 persone Stephan Schmidheiny. È stata la prima di tre udienze dedicate al centinaio di nomi, tutti parenti di vittime, convocati dalla difesa del magnate svizzero, Guido Carlo Alleva e Astolfo Di Amato.
L’intenzione dei legali è verosimilmente quella di insinuare il dubbio che in loro la malattia amianto-correlata fosse avvenuta per condizioni pregresse al 1976, grazie a esposizioni avvenute in periodi precedenti l’insediamento, come Ceo di Eternit, dell’imputato.
Pondrano all’Eternit Bis: «Le difese di Schmidheiny cercano di insinuare il dubbio»
NOVARA - È ancora in corso l’udienza di oggi del processo Eternit Bis, che ha ripreso questa mattina dopo quasi…
Prima Alleva, quindi l’avvocato Maria Cristina Amoruso, del suo stesso studio, hanno spesso fatto riferimento alle interviste rilasciate dai parenti al personale del Registro Nazionale Mesoteliomi, il questionario Renam, per ricostruire abitudini e storia residenziale dei defunti. Vedove, vedovi, figli, figlie, di Casale e del circondario, hanno raccontato per qualche minuto le vicende dei loro cari, chi all’Eternit aveva lavorato a lungo, chi invece non ci era mai stato.
Chi l’amianto però l’aveva nel pollaio, chi nel sottotetto, chi nel campo da bocce vicino a casa sotto forma di polverino, chi nell’orto e nel cortile. Chi a scuola, lo ha raccontato Maria Grazia Arditi di Cella Monte: «I ragazzi lo raschiavano per fare il percorso delle biglie». La prima fase dell’udienza è stata maggiormente ‘a favore’ dell’imputato, con tanti episodi raccontati degli anni precedenti il 1976 e qualche stoccata dal pm Gianfranco Colace, che ha accusato la difesa di fare domande troppo suggestive, supportato dall’avvocato di parte civile Esther Gatti.
Dopo la sospensione, alcune testimonianze sono state al contrario più lunghe e, in certi casi, non sono sembrate in grado di smarcarsi da un’eventuale responsabilità da ascriversi in capo all’imputato. Così quella di Mauro Bettonte per il padre Italo che all’Eternit lavorò dall’81 all’86: «Non avrebbe voluto lavorarci, ma fu una scelta forzata per la pensione. Mi ha colpito quando raccontava della pulizia dei vetri in via Oggero (quella dello stabilimento nda); dalla polvere non ci si vedeva attraverso. C’era anche la pulizia delle vasche, era una volta al mese e l’acqua si scaricava al fiume».
Toccante il racconto di Paola Demichelis (nella foto sopra). Fra tre giorni sarà l’anniversario della morte di suo padre Francesco, spirato il giorno della festa del papà di 28 anni fa. Classe 1922, partigiano nella Garibaldi, lavorò all’Eternit dal ’46 al 1983: «Era impiegato e si occupava di manutenzione, ricordo l’odore dei vestiti di quando arrivava a casa. È rimasto anche dopo la sua morte. Ricordo che per una ricerca a scuola portai le fibre d’amianto, erano gli anni 60…».
Pier Franca Ferrarotti ha raccontato del marito Mario Portalupi, in Eternit dal 1975 al 1983 che il sabato saliva sul tetto per ripulirlo dal polverino, senza protezioni: «Era uno straordinario».
Interessante anche il racconto di Silvia Gario. La madre Angela Luparia era un’infermiera. Nella casa vicina alla loro, a Roncaglia, venne portato polverino per un cortile. Una cosa molto comune, ma non in un periodo così ‘tardivo’: «Era sicuramente dopo il 1979 – ha raccontato alla corte presieduta da Gianfranco Pezone – Dopo che è morta mi sono attivata per capire, era una mamma preoccupata per la figlia» la testimonianza in aula dove si tornerà, per un’altra 30ina di esami, lunedì 21 marzo.