Il pugilato a Valenza
Uno approfondimento sportivo del professor Maggiora
VALENZA – La parola “pugilato” deriva dal latino pugilatus, che trae origine da pugil, termine che designa l’atleta che lotta con il pugno. È anche chiamato con il termine francese “boxe”. I primi cenni al pugilato risalgono al terzo millennio a.C. e la pratica è molto popolare anche nell’antica Grecia e nell’antica Roma.
Il pugilato moderno, uno sport duro e severo ma capace di educare al rispetto delle regole, si diffonde in Italia nei primi anni del Novecento. A Valenza, ha radici profonde e gloriose. Pochi valenzani sanno che il 10 luglio 1910 qui si è svolto il primo incontro per l’assegnazione del titolo italiano professionisti assoluto, cioè di tutte le categorie, vinto dal genovese Pietro Boine, un autentico pioniere che così diventa il primo campione dei massimi dell’alta Italia.
Gli anni terribili del periodo bellico incidono sulle abitudini e sulla vita degli italiani, anche sullo sport e, quindi, sul pugilato, condannato localmente all’irrilevanza.
Durante il regime, esso è uno degli sport più seguiti, molto praticato dai giovani delle classi popolari. La palestra diventa un polo di aggregazione sociale assecondando lo spirito del tempo, ma dalla grande crisi economica del 1929 al 1933 il pugilato perde molta della sua notorietà e della sua importanza nazionale perché pochi hanno la possibilità di seguire gli incontri e di scommettere sul loro esito come avveniva nei primi anni del secolo, fatto che inquina la purezza della passione. Nel 1933, però, sulla scena mondiale compare il gigante buono italiano Primo Carnera, un pugile friulano imponente con i suoi 120 kg di peso e i suoi 2,05 m di altezza, il primo italiano a conquistare il titolo di campione del mondo nei pesi massimi. Celebrato dal fascismo come un grande eroe nazionale, fumetti e giornali lo rendono un personaggio della cultura popolare, favorendo così lo sviluppo della boxe. Anche a Valenza vari giovani atleti locali praticano questa disciplina: si allenano in locali di fortuna, nei saloni di Palazzo Pellizzari, all’aperto e partecipano a manifestazioni sportive nelle località vicine. Il regime sfrutta il pugilato in chiave propagandistica, lo considera un vettore e un “serbatoio” di guerrieri, di combattenti valorosi, sprezzanti della mediocrità, pronti a rendere grande la patria e a morire per essa. È l’Italia di Giovinezza, del vitalismo e della neoromanità, di cui gli americani, tanto appassionati alla boxe, sono innamorati; poi arriverà l’alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra e i bombardamenti degli stessi americani per liberarci dal fascismo.
Dopo la liberazione, Ettore Rinaldi fonda la Pugilistica Colombino a Valenza. È l’uomo che, con passione e amore, si è adoperato per far rinascere e crescere il pugilato a Valenza. In questi anni dominano Federico Cassini, un mediomassimo che disputa alcuni incontri importanti, Luigi Oliviero e soprattutto Luigi (detto Ginò) Cassini, che, con fortune alterne, affronta i migliori pesi massimi nazionali. Come dilettante, ha combattuto contro Cavicchi, futuro campione europeo. Nei primi anni del dopoguerra, per la bontà degli atleti, la pugilistica valenzana si rivela ben presto una delle più agguerrite del Piemonte; i pugili sono chiamati a battersi contro squadre che vanno per la maggiore in una disciplina sportiva vera, pratica e concreta.
Nei primi anni Cinquanta, per brevi periodi, a Valenza si allenano il campione vercellese Waldè Fusaro, che trionferà al Madison Square Garden di New York nel 1953 e che sarà molto amico di Jake La Motta, Luigi Oliviero, un peso leggero anche lui vercellese, il campione romano medi Franco Festucci e quello toscano piuma Altidoro Polidori.
Nella palestra Colombino Boxe, in via Cunietti, con il maestro Spartaco Spolveroni e poi con Paolo Camagna altri pugili valenzani che si sono distinti sono Pietro Baldini, un medio-massimo che ha fatto una carriera professionistica dal 1954 al 1961, Dante Mian e Luciano Palazzoli. Sia da dilettante che da professionista, quest’ultimo è riuscito a entusiasmare molte platee.
Finita l’epoca pugilistica Colombino, nel 1955 nasce l’Associazione Pugilistica Valenzana, alla cui presidenza c’è Ennio Lenti, ma a fine anni Cinquanta, a causa di difficoltà economiche, il sodalizio sportivo è costretto a legarsi per un breve periodo alla Polisportiva Valentia, nata da poco, generando confusione. In questi anni, si mette in mostra un giovane valenzano dotato di eccezionali qualità alto quasi 2 metri: Giorgio Masteghin (1940-2019). A 18 anni è già campione italiano dilettanti dei pesi massimi e passa al professionismo nel 1961. Diventerà uno dei pugili valenzani più noti. La sua carriera, compiuta in altre società sportive di rilievo internazionale (Ignis Varese, Brescia), si conclude nel 1966, con un record complessivo di 16 vittorie, 4 della quali per KO. Essendo dotato di un fisico imponente, nel 1958 conquistò il titolo italiano dei pesi massimi a Terni un successo che lo portò a essere convocato e a partecipare, pur senza fortuna, ai campionati europei di Lucerna nel 1959. Duro come una quercia, ma assai vago in certe occasioni, Masteghin non diceva di no a nessuno: prendeva la valigia e andava a incontrare chiunque. Non si è fermato davanti a nulla.
A Valenza, grazie alla passione e alla volontà di scaltri dirigenti e del maestro tecnico Paolo Camasio, cresce il numero dei pugili e aumentano la ambizioni altisonanti. Altri elementi di valore che spiccano sono il peso gallo Gianni Zanin, il leggero Marcello Dasi, Angelo Bosio, Gianni Bellini e Mario Novarese. In questi anni nel nostro territorio si trovano numerosi proseliti. La palestra pugilistica in piazza Verdi (ex carceri) diventa il ritrovo ricreativo di molti, un punto di riferimento quando si hanno serate libere, un luogo in cui si fa amicizia, quasi una seconda casa, un luogo di socializzazione, in cui condividere spazi, aspettative e progetti per il futuro. Il pugilato è vita e famiglia, una passione, una valvola di sfogo, un riscatto sociale, un modo per ribellarsi alle avversità trovando maggiore solidità, solidarietà e autostima.
Non solo i protagonisti di questo sport ispirano le storie più affascinanti, anche i comprimari ne hanno di meravigliose. È un susseguirsi di nuovi arrivi, di ragazzi con la voglia di provarci, di vittorie sempre più numerose e di convocazioni in nazionale. Non ci sono traditori sul ring, non ci sono bugie in quel quadrato, che è onore, che insegna a crescere e a essere uomini.
Dopo la breve parentesi della Polisportiva Valentia, la palestra di piazza Verdi è nuovamente nelle mani dall’Associazione Pugilistica Valenzana, sotto la guida tecnica di Gianni Zanin, un maestro di sport e di vita per molti giovani valenzani. Alla conduzione tecnica collaborano gli ex boxeur della società Baldini, Palazzoli (ancora attivo anche sul ring) e il direttore sportivo Canu, portatori di fedeltà e di spirito di amicizia, uomini che non hanno mai perso la voglia di continuare questo meraviglioso sport e che saettano ai novizi ossessionanti ordini di comportamento.
Negli anni che seguono, si mettono in evidenza diversi pugili: Luciano Frezzato, un peso massimo con diverse presenze in nazionale e vice campione italiano dilettante; Francesco Sanna, un nazionale dilettante e poi professionista di valore; Andrea Cassibba, un nazionale under 18; Andrea Carretti, campione nazionale nei Giochi della Gioventù e dilettante di valore; i fratelli Sanna, Sandro e Albino, che affrontano tutti i migliori pugili di pari peso – Albino, classe 1960, sale alla ribalta nazionale nel match contro Maurizio Stecca – e altri quali Broido, Cavanna, Gadoni, Mantoan, Tallarico ecc. Conduttori indispensabili, insegnanti e preparatori con dedizione e competenza, sono sempre Gianni Zanin e Fabrizio Baroglio, sotto la presidenza di Carlo Ducco.
I tempi sono decisamente cambiati. In questo periodo, negli anni Ottanta e Novanta, la boxe conosce un graduale declino. I giovani sono attratti da altre discipline, più redditizie e meno impegnative, ma a Valenza, nella nuova palestra di via Raffaello 2 (fine anni Ottanta) questa disciplina sportiva è sempre in auge, pur se sminuita e denigrata come rudere del passato da alcuni malevoli. Alla fine del secolo conta su elementi d’indubbio valore quali Massimo e Sebastiano Langella, Barbanera, Bellini, Conca e Rossi. Alla presidenza si avvicendano Ugo Garrone, Renzo Mortara e Gianfranco Canu. Uno dei personaggi più rilevanti è il direttore sportivo Emilio Mottaran, che sarà eletto presidente del comitato regionale FPI.
La ruspante palestra pugilistica all’interno dell’edificio scolastico, ex Enaoli, è sempre una delle principali e veterane scuole della “nobile arte” della regione, che attrae giovani da tutta la zona. È una vecchia palestra da pugilato, di quelle che sembrano uscite fuori dai film di Rocky, alla prima maniera, dove ogni cosa è naturale e genuina e dove il confine tra dilettantismo e professionismo è inesistente. I preparatori Zanin e Baroglio hanno smesso e la palestra viene condotta per brevi periodi da Franco Sanna, da Attilio Cavanna e da Albino Sanna.
All’inizio del nuovo secolo il tecnico federale Adriano Gadoni diventa il padre effettivo di questa famiglia, una parte sostanziale della dirigenza della Pugilistica Valenzana. Innamorato di questo sport storico e nobile, è l’organizzatore di corsi in cui qualunque persona può essere addestrata alla pratica pugilistica, anche amatoriale. Questo sacerdote laico del pugilato locale, ha iniziato come pugile con Angelo Bosio quando la palestra era ancora in piazza Verdi e poi ha aiutato il suo maestro Gianni Zanin a far crescere i giovani pugili, facendoli raggiungere traguardi regionali e nazionali. Ancora oggi Gadoni è il sovrano indispensabile di questa società sportiva.
Il 23 luglio 2016 Luciano Randazzo, un ragazzo di casa di origini siciliane nato a Lentini il 29/10/1992 e trasferitosi presto a Valenza, avviato al pugilato dal bravo maestro Gadoni, diventato professionista da qualche anno, batte Renato De Donato al Palazzetto dello Sport di Valenza e diventa campione italiano della categoria super leggeri, mandando in visibilio il pubblico valenzano e ricevendo grandi onori. Più tardi Il vittorioso dirà: “Quello è il mio ricordo sportivo più bello. Vincere un titolo italiano è una grande emozione per qualsiasi sportivo, ma farlo davanti ai propri concittadini lo è ancora di più”. Randazzo è entrato per la prima volta nella palestra valenzana quando aveva solo otto anni, ma ci è stato solo per qualche mese causa di problemi di salute ed è ritornato a 14 anni dopo tanti sacrifici con idee ben chiare di successo. Nonostante i due infortuni subiti nel 2019, quello alla mandibola e quello alla schiena, “Devil inside” (letteralmente “Diavolo dentro”), seguito con cura da Gadoni, da Antonio Langella e dal preparatore tecnico Giorgio Iannelli, nei professionisti otterrà un record di 21 match, di cui 15 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte. Riuscirà a sostenere 5 titoli italiani vincendone due nel 2016 e nel 2017 e pareggiandone uno, più un titolo a Parigi nel match valido per la cintura dell’Unione Europea dei superleggeri. È l’orgoglio di Valenza e della longeva Associazione Sportiva Dilettantistica Pugilistica Valenzana “Pietro Baldini”, in cui Lucio è cresciuto e si è allenato ogni giorno e dove, da tre anni, una giovane pugile del gentil sesso, Monica De Polo, è presidente. Rappresentanti di questo glorioso sodalizio non ancora citati sono stati Santino Calì, Renzo Mortara, Roberto Bellini, Vito Lapadula e altri.
La boxe è uno sport che richiede sacrificio, rispetto e disciplina. Diversamente dalla maggior parte degli sport, nel pugilato la sfida è anche accompagnata dal dolore fisico e dalla consapevolezza che tutto quello che ti potrebbe fare male è davanti a te: ciò richiede una peculiare tenacia e la volontà di non cedere davanti alla fatica.
A Valenza abbiamo avuto tanti campioni, uomini nati dal nulla, giovani che, nonostante le difficoltà, con sacrificio, forza di volontà e amore per questo sport, sono riusciti a imporsi, portando lustro alla nostra città. Ancora oggi la palestra pugilistica di via Raffaello continua a essere un punto di riferimento per la diffusione dei valori di questa disciplina sportiva, è un luogo spregiudicato che custodisce la memoria del passato e le speranze per il futuro.