All’Eternit Bis sull’amianto «c’è un’evidente incertezza»
Oggi è ripreso il procedimento penale che vede imputato Stephan Schmidheiny. Al banco gli ultimi consulenti tecnici della difesa
NOVARA – Tutti i nodi vengono al pettine, ma solo a patto che questo abbia i denti funzionanti. E in Corte d’Assise a Novara a volte si ha come l’impressione che il problema stia proprio lì, che manchi sempre qualcosa per districare i numerosi intrecci del processo Eternit Bis. Ne è un esempio l’udienza di questa mattina, la prima dopo il lungo stop estivo, che ha visto sedersi al banco gli ultimi consulenti tecnici della difesa di Stephan Schmidheiny, accusato in questa sede di omicidio volontario con dolo eventuale di 392 vittime dell’amianto ricollegabili allo stabilimento di Casale. Erano attesi l’anatomopatologo Massimo Roncalli, il professore Andrea D’Anna (ancora da controesaminare da parte della Procura e delle parti civili) e i clinici Canzio Romano e Claudio Colosio. Quest’ultimi dovranno ritornare davanti alla Corte d’Assise a ottobre: oltre a non essere stato possibile procedere con il controesame, buona parte della loro vastissima relazione non è ancora stata presentata.
Quali sono le certezze?
Le deposizioni ascoltate questa mattina ruotavano intorno ad alcuni quesiti principali: le malattie che stiamo indagando sono tutti mesotelioma pleurici? E, nei singoli casi, ad essere fatale è stata proprio un’esposizione ad amianto posteriore al 1976 (data in cui Stephan divenne ufficialmente Ceo di Eternit Spa)? La risposta sembra sempre più difficile da individuare ogni giorno passato in aula. A mancare sono proprio le certezze su come si individua un mesotelioma, su quante siano effettivamente le fibre d’amianto inalate in grado di far sviluppare la malattia, sul tempo impiegato da questa a manifestarsi. Insomma, quello che manca pare essere uno studio approfondito che possa risolvere i tanti misteri intorno alla patologia, classificata in Italia come tumore raro.
Ovviamente però c’è chi prende posizione: da una parte il riconoscimento da parte dei ct dell’accusa, come gli epidemiologi Corrado Magnani e Dario Mirabelli, della presenza di mesoteliomi che potrebbero essere riconducibili ad Eternit; dall’altra la difesa con una serie di consulenti tra anatomopatologi, epidemiologi e clinici a sostenere il contrario. Lo stesso Roncalli, epidemiologo, ha sottolineato durante il controesame di questa mattina come sia riuscito a dare per certo solo «il 40% dei mesoteliomi a processo». Il motivo? Apparentemente in numerosi casi le analisi biologiche per poterlo determinare con certezza sono mancanti. «La sintomatologia è il punto di partenza, non il punto d’arrivo di una diagnosi. Fare una serie di indagini per confermare o meno una teoria a volte può portare a una conferma, ma altre ci illumina verso nuovi percorsi. A Casale sulla base di certi sintomi ci si poteva orientare forse di più verso questa diagnosi» ha ribattuto ad esempio a una domanda del pm Gianfranco Colace.
Incertezze anche dal punto di vista dello scarico di responsabilità: Andrea D’Anna questa mattina ha ricordato nuovamente alla Corte che a Casale erano presenti anche altre realtà oltre a Eternit che utilizzavano l’amianto nel loro ciclo produttivo. Tali quantità erano sufficienti da poter determinare un’importante esposizione? «Ho riscontrato l’incapacità di trovare informazioni su tali aziende, mancavano i dati» ha dichiarato in merito, lasciando il dubbio.
(Romano e Colosio)
Sulla stessa linea si sono collocati anche gli ultimi due consulenti di oggi, Romano e Colosio. I due hanno affrontato il problema amianto da un punto di vista clinico: oltre all’analisi dei singoli casi – a cui sarà dedicato uno spazio a sé alla prossima udienza, non essendo riusciti a concludere la propria deposizione nella giornata di oggi – si sono concentrati sulla natura della malattia. Si è tornati quindi a parlare di concetti come periodo di latenza o di clearance, già introdotti da Magnani e Mirabelli per la Procura. Si tratta nel primo caso del tempo che intercorre tra la prima esposizione e lo sviluppo dei primi sintomi, mentre nel secondo della capacità polmonare di ‘ripulirsi’ da agenti esterni.
In particolare su questo secondo argomento i consulenti si sono concentrati a lungo. Una clearance del polmone per l’amianto esiste, ma è molto più lenta, a volte quasi inesistente, rispetto ad altri cancerogeni. Hanno così concluso che «una riduzione del carico polmonare come sostenuta da Magnani e Mirabelli è troppo ottimistica. Risulta impossibile applicare ai singoli soggetti i risultati degli studi presentati in aula». Inoltre: «è indiscutibile che ci sia una clearance anche per l’amianto, ma c’è anche un’evidente incertezza sulla sua reale entità. Spesso è solo parziale e, infine, è stato evidenziato come siano utili dosi basse o bassissime a produrre un mesotelioma». E quindi, è di fatto impossibile capire quando in un soggetto il mesotelioma ha iniziato a svilupparsi e quale quantità di fibre sia stata determinante per la vittima?
Tra un mese ancora in aula
Si tornerà in aula lunedì 24 ottobre, con di nuovo al banco Romano e Colosio. Il loro controesame però non verrà esaurito in tale data: la Procura e le parti civili dovranno aspettare fino a lunedì 21 novembre. Sono gli ultimi consulenti che la Corte dovrà ascoltare, da entrambe le parti. Al termine del loro controesame l’istrutturia sarà dichiarata conclusa, lasciando spazio presumibilmente alla discussione finale.