Facilitiamo: gruppi e relazioni
Oggi vorrei parlare di facilitazione. Di persone, relazioni, situazioni. E gruppi. Apparteniamo sempre più a contesti complessi e spesso conflittuali che dividono. A scuola, al lavoro, a casa, problemi e malesseri condizionano la nostra quotidianità allontanando le persone che non si parlano, non si capiscono e conseguentemente si allontanano.
Gli ultimi anni, la pandemia, i lockdown, il distanziamento sociale e le restrizioni hanno esacerbato queste condizioni, questi disagi.Le persone, il bambino come l’adulto, desiderano essere comprese e riconosciute. Ma se l’apprendimento è un fenomeno sociale, e non individuale, è necessario sostenere le relazioni nei gruppi affinché il gruppo stesso diventi il promotore del cambiamento, della crescita, dell’evoluzione e del miglioramento del singolo e del gruppo stesso.
Il processo di facilitazione è finalizzato ad ascoltare ed esplorare prima ancora di dare soluzioni, attraverso il coinvolgimento di tutti i membri del gruppo, nessuno escluso. Vorrei ricordare cosa sono i gruppi: si tratta di fenomeni sociali, spontanei od organizzati, formali ed informali.
“Il gruppo è un insieme di due o più individui i quali costituiscono tra loro una comunicazione e un’interazione ed il cui comportamento è regolato da norme e valori comuni. Il gruppo quindi è un insieme di persone che condividono interessi e/o obiettivi e interagiscono per il loro raggiungimento.”
Gruppo di amici, gruppo di adolescenti, gruppo di calcio, gruppo di lavoro ecc…
Non mi addentrerei nella descrizione delle tante tipologie di gruppo ma entrerei nel merito dell’ambito lavorativo, di mia competenza, dove saper condurre gruppi è una abilità sempre più richiesta e non solo allo psicologo del lavoro.
Si predilige il lavoro di gruppo sia nei contesti aziendali, che in quelli scolastici, ma anche nei contesti sanitari, negli studi multi professionali, e nello sport, così come in tanti altri settori. Le relazioni nei gruppi hanno specifiche regole, all’interno di un gruppo, infatti, si attivano una serie di dinamiche che sono difficili da riconoscere e dunque da gestire. Comunicazione diretta ed indiretta, conflitti celati o manifesti, risonanze positive o negative.
Attraverso il gruppo gli individui possono crescere, evolvere, sviluppare al massimo le proprie attitudini o viceversa possono regredire e sviluppare malessere. Cosa fa in questo contesto il facilitatore? E come lavora con i gruppi?
“Il Facilitatore è la persona che cura il processo e la comunicazione durante le attività di gruppo. Promuove la reciproca comprensione e la partecipazione di tutti”.
Ovvero rende facile ciò che solitamente è complicato. Wow! Solitamente facciamo l’opposto….
Il facilitatore mette in campo tutta la sua esperienza e le sue qualità sul “come fare” a raggiungere lo scopo per cui il gruppo si riunisce, non intervenendo mai sul “cosa fare”. Per questo può risultare determinante in tutti gli ambiti dove più persone devono giungere a decisioni condivise: una riunione condominiale, un’assemblea di classe, un’assemblea dei soci di un’associazione, una riunione di lavoro…
La bella notizia è che anche tu puoi formarti per diventare facilitatore, non serve essere uno psicologo. La professione infatti non è regolamentata e dunque se sei un professionista che deve gestire gruppi (un dirigente scolastico, un insegnante, un allenatore di basket, ma anche un amministratore di condominio…) puoi attingere a queste tecniche.
Esistono diverse tecniche e strategie di gestione di gruppi derivanti da vari ambiti quali ad esempio la psicologia del lavoro e delle organizzazioni che utilizza il team building – insieme di attività e procedimenti che servono a far interagire un gruppo di persone allo scopo di migliorarne la capacità di lavorare in squadra – la psicologia scolastica che utilizza il circle time – o tempo del cerchio, momento particolare della vita scolastica: non più banchi a schiera ma sedie in cerchio, non più valutazione di una prestazione a livello cognitivo, ma ascolto privo di giudizio – per la gestione del gruppo classe, e la psicologia clinica che utilizza lo strumento gruppo con finalità terapeutiche. Inoltre il gruppo risulta essere il contesto privilegiato nell’ambito della formazione; al suo interno vengono utilizzate tecniche quali il brain storming, ed role playing utili rispettivamente ad aprire e chiudere una sessione formativa.
La finalità ultima di un intervento di facilitazione dunque è oltrepassare l’interesse individuale per unire piani, funzioni e persone nei gruppi. Facilitare vuol dire passare dal proprio interesse personale ad un interesse più ampio e complesso, collettivo. Ciò significa superare differenze, resistenze, barriere, opposizioni e negatività, per raggiungere benessere a tutti i livelli e miglioramento. Significa saper unire, ben sapendo delle tante forze che dividono. Unire forze interne alla persona, forze peculiari delle interazioni e forze tipiche degli ambienti.
Riusciamo ad intuirne la potenza?
Il mio augurio è che si possa partire proprio dalla scuola, dalle classi, dai bambini e dai ragazzi, oggi sempre più impegnati ad acquisire contenuti. Qui possiamo attivare questo processo virtuoso che prepara le nuove generazioni alla relazione autentica con l’altro, all’ascolto, al confronto, alla pari dignità di pensiero ed emozione.
Proviamoci.