La calcolatrice e Chat GPT
Se si chiede a Chat GPT, la popolare chat basata sull’Intelligenza Artificiale, quanto fa 10+10 e, alla sua risposta 20, la si incalza dicendo che ha sbagliato, continuerà a dire 20, ma si scuserà per l’errore.
Perché questa differenza con la più semplice delle calcolatrici? Perché queste ultime, nel dare una risposta, partono dalle regole con cui sono state programmate mentre Chat GPT parte dai dati che ha nel suo patrimonio informativo e, statisticamente, parole di scuse seguono parole di accusa. Se in questo caso, la tecnologia dimostra i suoi limiti, mette però anche in evidenza la sua ricchezza: fornire, ogni volta risposte diverse che debbono essere vagliate per poter essere precisate.
In due mesi Chat GPT ha raggiunto 200 milioni di utenti nel mondo e le risposte che offre, grazie al suo modello linguistico, sono in corso di integrazione in Bing, il motore di ricerca di Microsoft che è diventato l’azionista di maggioranza della società che l’ha sviluppato, OpenAI. Tale successo ha innescato l’inevitabile reazione da parte dei principali concorrenti fra i quali Google che ha annunciato un servizio, chiamato Bard, che andrà ad affiancare i più tradizionali risultati di ricerca.
L’accostamento di assistenti virtuali, quelli che ha Microsoft ha definito i “co-piloti” della navigazione in Rete, consolida peraltro una tendenza già in essere da tempo. Ovvero la trasformazione dei motori di ricerca in “motori di risposta” e ciò può influenzare significativamente il modo con cui tutti noi possiamo reperire informazioni, vagliare risultati, informarci, apprendere.
Diversamente da Google però, Chat GPT non rivela le sue fonti. L’opacità del materiale a cui attinge non rappresenta dunque solo un elemento di incertezza nella sua affidabilità, ma anche un fattore da considerare nell’ambito del delicato equilibrio fra piattaforme digitali e testate giornalistiche online le cui notizie sono usate senza ricevere alcun compenso né alcun click al proprio sito. Il futuro dell’informazione online è ritornato ad essere soggetto all’evoluzione della tecnologia e delle sue applicazioni.
Non solo i contenuti prodotti dalle testate giornalistiche e pubblicate online possono essere infatti utilizzati, senza alcun compenso, da parte dei modelli linguistici come Chat GPT per accrescere il loro patrimonio informativo e addestrarne la tecnologia, ma la restituzione delle risposte all’interno dei motori di ricerca può ridurre l’ambito di applicazione del cosiddetto “Equo compenso”.
Introdotto per recepire la Direttiva Ue 790/2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale (“Direttiva c.d. Copyright”), il Regolamento sull’Equo Compenso si fonda sul meccanismo della cosiddetta negoziazione assistita a tutela della parte più debole del rapporto – gli editori – nel rapporto che possono intavolare con i prestatori di servizi digitali come Google e Facebook: anche le testate giornalistiche più piccole possono dunque farsi assistere nell’individuazione del compenso da ottenere in virtù della pubblicazione e della condivisione delle notizie sui motori di ricerca, sui social network e nei servizi di news operati dalle piattaforme online.
Calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari realizzati dal prestatore di servizi in ragione della pubblicazione delle notizie degli editori al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle testate giornalistiche, tale valore è oggetto di un’aliquota fino al 70% determinata, con rilevanza decrescente, dai seguenti fattori:
- numero di consultazioni online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore sui servizi del prestatore, espresse in termini di visualizzazioni e interazioni degli utenti;
- anni di attività dell’editore e sua rilevanza sul mercato, espressa in termini di audience online e rilevata su base periodica dagli organismi più rappresentativi del settore;
- numero di giornalisti, inquadrati ai sensi di contratti collettivi nazionali di categoria, impiegati dall’editore per la realizzazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- costi comprovati sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali destinati alla realizzazione, alla riproduzione e alla comunicazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- adesione e conformità a codici di condotta in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking maggiormente riconosciuti.
Approvato di recente, vedrà il suo banco di prova di fronte alla diffusione dell’Intelligenza Artificiale Generativa e del suo impiego nell’informazione.