Le Bimbe di…
Della vicenda di Chiara Ferragni prima di Natale si è scritto tutto, forse troppo, e i prossimi mesi riveleranno se la perdita di 100 mila follower sui suoi profili social e di alcuni contratti di collaborazione saranno lo scotto da pagare a un errore oppure se la fiducia nei confronti di questa figura sarà irrimediabilmente incrinata.
La notizia che la sua ormai celebre tuta grigia sia andata esaurita in poche ore, oltre a destare qualche dubbio, permette però di riflettere su quella che viene chiamata la “Stan Culture” ovvero il fenomeno degli Stan. Questo termine, derivato dalla fusione di “stalker” e “fan”, indica un livello di ammirazione diverso da quello che da sempre circonda le celebrità ed è il riflesso di una specificità della fama digitale: il supporto non riguarda le persone in sè, ma la rappresentazione immaginaria che, con la loro vita pubblicata costantemente online, ciascun follower si crea. Mentre un fan può avere un approccio equilibrato e critico verso il proprio idolo, lo stan tende a sviluppare un’ammirazione che sfocia nell’ossessione perchè chi segue non è la persona, ma il personaggio di una fiction che post, video, storie alimentano costantemente.
Questo fenomeno, seppur marginale, può essere osservato nel seguito che hanno gli esponenti più popolari del pop americano, da Ariana Grande (361 milioni di follower) a Taylor Swift (279), e nel supporto che essi ottengono ad ogni iniziativa o posizione che decidano di promuovere. In Italia ne sono un riflesso, soprattutto ironico, le community de “Le bimbe di” e, a chi conserva nell’armadio le t-shirt degli Spandau Ballet o di Vasco Rossi, non resta che immaginare ciò che avrebbe potuto accadere se negli anni ’80 vi fosse stato Instagram.