Anche Slow Food dice di no al deposito nucleare a Trino
Gli interventi di Alfredo Frixa e di Alessandro Lajolo
CASALE – Venerdì scorso, in occasione dell’incontro organizzato dal Pd all’Anffas di Casale sull’ipotesi di deposito nucleare a Trino, hanno relazionato anche gli esponenti di Slow Food (Vercelli, Monferrato Casalese e Moncalvo).
Frixa: i punti geologici critici
In particolare, il geologo Alfredo Frixa (membro del direttivo dell’associazione Slow Food del Monferrato Casalese e Moncalvo) ha portato il suo contributo con un “intervento tecnico” affermando che «i punti geologici critici» per costruire il Deposito a Trino sono vari «come per altro già evidenziato dalle indagini dei numerosi studiosi, che hanno collaborato con Sogin per individuare i siti italiani idonei. In tal senso ulteriori conferme sono derivate da indagini effettuate da altri geologi esperti dell’area monferrina».
Frixa ha inoltre sottolineato che «dal punto di vista tettonico, la zona di Trino è localizzata su uno dei fronti dell’Appennino Settentrionale (l’Arco del Monferrato) che si sta muovendo lentamente verso Nord; molto vicino a questo fronte (meno di 30 km) si ritrova anche il fronte alpino che si sta muovendo in direzione opposta (verso Sud). Entrambi i fronti sono “nascosti” dalle alluvioni del Po. Le spinte tettoniche, antiche e recenti, e gli eventi simici collegati sono stati capaci di sollevare l’area del Bosco della Partecipanza, creando sovrascorrimenti, faglie e fratture, che potrebbero in futuro mettere in comunicazione verticale le falde acquifere della zona.
In particolare, nell’area di Trino-Saluggia, i pozzi dell’Acquedotto del Monferrato attraversano un acquifero superficiale e un acquifero profondo. La falda superficiale può essere drenata dai Fiumi Po e Dora Baltea, mentre la falda più profonda costituisce l’acquifero principale dell’Acquedotto. Entrambe sono costituite da sedimenti fluviali o fluvio – glaciali del Quaternario più antico (Pleistocene). Dal punto di vista sismico, l’arco del Monferrato non ha registrato importanti eventi sismici recenti, ma potrebbe comportarsi, in tempi non prevedibili, come altre zone dell’Appennino Settentrionale (Modenese, Parmense, Ferrarese) che, oltre ad avere situazioni geologiche simili, sono sedi di attività sismica».
Lajolo: il tema dell’acqua
«Tra le tante motivazioni che possono suggerire di prendere altre decisioni, il problema dell’acqua “pulita” è certamente di primaria importanza» come sottolinea il coordinatore dell’associazione territoriale di Slow Food del Monferrato Casalese e Moncalvo, Alessandro Lajolo.
«Slow Food promuove i principi “buono”, “giusto” e “pulito” per il cibo, ma questi principi devono essere estesi anche all’acqua, a maggiore ragione se è pubblica. La disponibilità e la qualità dell’acqua sono diritti fondamentali, non barattabili con qualunque altro beneficio di natura economica. L’acqua è veramente di tutti! Bere acqua del “rubinetto” sempre meno pulita, per la presenza di “residui tossici”, sempre più difficili da filtrare, fa aumentare i rischi per la salute e l’acqua di irrigazione contaminata riduce ulteriormente la biodiversità dell’ambiente, già molto compromessa. Le dinamiche idrologiche molto lente (specialmente nelle acque sotterranee) rendono i fenomeni di contaminazione delle acque profonde difficilmente reversibili a maggiore ragione se si trattasse di radionuclidi. Cosa succederebbe se si verificasse una fuoriuscita di materiale radioattivo nelle falde dove l’acquedotto del Monferrato ha le sue “sorgenti”? Va poi sottolineato infine che il Monferrato, così vicino all’eventuale insediamento nucleare, è un patrimonio dell’Unesco e i patrimoni vanno tutelati! Questi temi sono anche normati dalla Costituzione Italiana che all’art. 9 recita << La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. E le nuove generazioni le trascuriamo?».