Addio a don Domenico Ricca, le sue tracce anche nel Casalese
Lo storico cappellano del carcere minorile Ferrante Aporti e il legame con la comunità Harambée
TORINO – Sabato è morto a 77 anni don Domenico Ricca, storico sacerdote salesiano e cappellano da oltre 40 anni del carcere minorile Ferrante Aporti di Torino.
Forte il suo legame anche con il nostro territorio, la comunità Harambée di Casale e con i salesiani monferrini. Così lo ricordano Max Biglia e gli educatori.
Lo sguardo severo, una personalità forte, il sorriso gentile, dalle parole determinate
Don Domenico Ricca, salesiano, sacerdote che ha dedicato una vita ai “ragazzi dentro”, quelli più fragili, gli ultimi. Quarant’anni di esperienze, drammi, sconfitte, rinnovamenti e, pienezze. Già, perché bisogna essere capaci per affrontare certe situazioni difficili, inverosimili. Capaci nel senso di ampiezza e grandiosità nell’accogliere e comprendere prima di giudicare. Don Domenico è stato e sarà il cappellano del carcere minorile Ferrante Aporti di Torino. Un esercizio arduo, faticoso ma arricchente, che giorno dopo giorno lo portava al cospetto delle fragilità umane e, di rapporti esclusivi. Un uomo attento, impegnato e mai banale che nelle occasioni formali o informali non ti lasciava indifferente ma anzi, aveva la capacità di scuotere e interrogare le coscienze per stimolare pensieri, utopie e nuovi cammini a favore di ciò che aveva di più caro, i giovani. Un modo di vivere la vita “salesiano” fatto di visioni, intelletto e condivisione. Il carcere minorile era per lui “un oratorio dove mettere in pratica il sistema preventivo di don Bosco, per coloro che, seppur giovani, hanno perso alcuni spazi di vita, bruciato alcune opportunità, commesso gravi errori, ma sempre e comunque con la convinzione che per tutti, rimane una carta ancora da giocare, quella che don Bosco vedeva in ogni ragazzo”. Esperienze raccontate in un libro intervista: “Il cortile dietro le sbarre: il mio oratorio al Ferrante Aporti”, dove don Domenico ci ricorda che il mondo dei giovani, è un mondo di possibilità.
I suoi semi oggi germogliano un po’ ovunque, anche a Casale Monferrato, dove grazie ad una sua intuizione, al suo sostegno e alla volontà di alcuni giovani educatori, tutti provenienti dal mondo salesiano e tutti con il desiderio di creare un’accoglienza a sostegno dei minori, è nato il progetto Harambée. Un “cammino insieme”, fatto di cura, parole, conversazioni, silenzi e sfide da affrontare con consapevolezza. Don Domenico c’era, era presente con e per i ragazzi, con e per gli educatori, consegnando ogni volta piccoli grandi insegnamenti per superare e smontare i preconcetti, guardare oltre, oltre le sbarre dei nostri limiti mettendoci ragione, religione e amorevolezza.
In queste ore scorrono le immagini dei tanti momenti, le risate e le tirate d’orecchie, di un uomo semplice nella sua complessità, un padre per tutti i suoi ragazzi e per quegli adulti che lo hanno incontrato anche per poco, dove emergeva limpido l’intento di scoprire in ciascuno quel punto accessibile al bene. Un mediatore senza mezzi termini, un uomo che andava deciso, usando tutte le sue energie per vivere secondo i suoi principi di modernità, come sacerdote e come uomo.
Così lo ricordiamo, così lo ritroveremo, nei cortili di Valdocco, tra le strade del mondo o a Casale Monferrato con il suo sigaro in bocca, lo sguardo severo, il sorriso gentile e, il ricordo delle sue parole: «Il papà di un ragazzo omicida mi ha chiesto: padre dove abbiamo sbagliato? Io non gli ho risposto niente, l’ho abbracciato e abbiamo pianto insieme».
Arrivederci don Domenico, per tutti noi Mecu
Max Biglia e gli educatori di Harambée