“Past Lives”: incontrarsi e dirsi addio
La sceneggiatrice di origini coreane Celine Song affronta nel suo primo lungometraggio - per cui ha ricevuto la candidatura a due premi Oscar - il tema della difficoltà nel comunicare, anche e soprattutto in amore.
È coraggiosa – Celine Song, sceneggiatrice e regista canadese ma di origini sudcoreane – nel proporre per il suo primo lungometraggio il racconto, quasi da entomologa dei sentimenti, di una relazione amorosa che vive (e a volte annaspa) nella dimensione della distanza, del non realizzato, del non detto. Coraggiosa perché altri cineasti prima di lei hanno – con efficacia e originalità di stile – messo in scena questo tema, che si inoltra nel delicato terreno dei movimenti dell’animo e in quello, ancora più grande, dell’incomunicabilità tra individui (Antonioni docet).
Tra Wong-Kar wai e Linklater
In the Mood for Love, con il suo seguito 2046 (2000 e 2004), dell’hongkonghese Wong-kar wai e la trilogia composta da Prima dell’alba (1995), Before Sunset – Prima del tramonto (2004) e Before Midnight (2013), dell’americano Richard Linklater (senza contare l’antesignano Breve incontro di David Lean, 1945) hanno già scandagliato il sentimento amoroso, come fosse un oggetto di analisi, o un relitto fossile da dissezionare per coglierne l’essenza, il nucleo. La Song rinverdisce la narrazione, la rianima, trasportandola nella New York di oggi ma con un prologo ambientato a Seul, quando i due protagonisti Na-young (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo) sono ancora dei ragazzini che frequentano insieme le scuole medie, costretti a separarsi per l’improvviso trasferimento dei genitori di lei. Da questo momento in poi la regista imbastisce una storia – parzialmente autobiografica – declinata complessivamente nell’arco di 24 anni, con continui andirivieni temporali espressi attraverso ripetuti flashback.
New York, New York
La protagonista della pellicola della Song è anche la città di New York, con il suo skyline, i grattacieli, le enormi streets e avenue, la banchina sul fiume Hudson, a Manhattan, immortalata da tante altre pellicole in precedenza, con il profilo imponente e severo della Statua della Libertà sullo sfondo. È l’America che, a un certo punto della loro altalenante vicenda amorosa, i due antichi bambini (lei con il nome americanizzato di Nora Moon, un marito americano e un mestiere da sceneggiatrice, lui con un meno stimolante impegno da ingegnere) – divenuti adulti e ritrovatisi a dispetto dell’immersione individualistica che ciascuno di loro compie nel personale progetto di vita – sperimentano e contemplano insieme, tra brevi gite in battello turistico sul fiume e lunghe camminate dense atmosfere rarefatte, di silenzi attoniti o ammiccanti.
È anche la classica, ma mai troppo esplorata tematica della migrazione, del taglio delle radici geografiche e familiari, della ricerca di una nuova patria, una diversa “Heimat” (termine tedesco che significa sia il luogo a cui si appartiene per nascita, sia quello “d’adozione” elettiva) altrettanto o ancora più soddisfacente rispetto a quella originaria.
Past Lives, Future Lives
Nel film della Song viene anche declinato – ricorrente in alcuni discorsi dei due protagonisti – il concetto tipicamente orientale di “In-Yun”, ovvero quel legame speciale, quella connessione che unisce due persone, in alcuni addirittura a loro insaputa o attraverso manifestazioni minime e sottili: e che sarebbe la testimonianza dell’essersi già incontrati in altre vite, prima della presente. Un cammino molto lungo, quindi, potenzialmente infinito, che condurrebbe due anime a incontrarsi ogni volta, con esito non scontato, e una continua ripetizione di contesti e situazioni, almeno fino a che non si apprende una lezione di vita e d’amore che fa parte del cosiddetto “karma”, il destino individuale che è frutto delle nostre azioni e scelte.
«Le confesso che sono sicura che Celine e io siamo state sposate in passato. Grazie a lei, ora credo fermamente che da una reincarnazione alla successiva ci portiamo dietro relazioni che influenzano i rapporti eche, intorno a noi, si avvicendano sempre le stesse anime», ammette Greta Lee (che si è fatta conoscere come attrice a livello internazionale proprio con l’opera prima della Song) in un’intervista a “Vanity Fair” dello scorso 27 febbraio.
Molte vite, innumerevoli amori
Anche la regista ritiene che nella vita esistano differenti modi di amare: «Non penso esista un solo tipo di amore. Ci sono tanti tipi di connessioni nella nostra vita. La vita è complessa, ci sono tante sfumature. La nostra relazione può contenere tante cose nel corso degli anni. I due protagonisti del film, Hae Sung e Nora, hanno un rapporto che si evolve durante il corso di tutta la vita. Da bambini erano amici e poi, quando tornano in contatto, avrebbero potuto amarsi a distanza, ma poi, quando si incontrano di nuovo, sono amici che ormai non si conoscono più.
Le relazioni cambiano e si trasformano nel corso delle nostre vite. Il film racconta la vita e come la vita condiziona le nostre relazioni, più che dire se un rapporto abbia un valore maggiore rispetto a un altro. Volevo raccontare gli uomini così come li ho visti e amati nella mia vita. […] Non penso ci sia un solo modo per definire il percorso dell’amore. Ciò che possiamo sapere è che ci sono relazioni che durano nel tempo. La relazione di questo film resiste nel passato e nel futuro. Non si può giudicare o valutare una relazione. Semplicemente è così che va in questa vita».
Past Lives
Origine: Stati Uniti, Corea del Sud, 2023, 105′
Titolo originale: id.
Regia: Celine Song
Sceneggiatura: Celine Song
Fotografia: Shabier Kirchner
Montaggio: Keith Fraase
Musica: Christopher Bear, Daniel Rossen
Cast: Greta Lee, Teo Yoo, John Magaro, Moon Seung-ah, Leem Seung-min, Ji Hye Yoon, Choi Won-young, Ahn Min-Young, Seo Yeon-Woo, Kiha Chang, Shin Hee-Chul
Produzione: A24
Distribuzione: Lucky Red