La tragedia degli ebrei di Rodi domenica in comunità ebraica
A Casale, con Marco di Porto
CASALE – Ottant’anni fa, nelle isole del Dodecaneso occupate dall’Italia, si consumava una delle pagine più drammatiche della Shoah nel Mediterraneo. In questi luoghi gli Ebrei erano presenti da centinaia di anni, in comunità integrate ben radicate nel territorio e nelle sue tradizioni. Un piccolo e coloratissimo mondo che a Rodi fu interamente spazzato via in un solo giorno: il 23 luglio 1944, quando con l’inganno, più di 1.800 persone furono arrestate, condotte al porto, caricate prima su navi e poi su treni merci e avviate al campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau. Si tratta del viaggio più lungo tra tutte le deportazioni europee.
Questa vicenda sarà nei prossimi mesi al centro di diverse rievocazioni in tutta Italia, la prima delle quali sarà proprio nel Complesso ebraico di Casale Monferrato, domenica 21 aprile, alle 16 in Sala Carmi (vicolo Salomone Olper). A ricostruirla sarà Marco Di Porto, giornalista che si occupa di comunicazione presso l’UCEI ed è autore della rubrica di cultura ebraica di Rai 3 “Sorgente di Vita”.
«Quella degli ebrei di Rodi è la storia di una comunità sefardita, ovvero proveniente dalla Spagna, le cui usanze e la cui lingua, il judeo-espanol, erano rimasti per secoli pressoché immutati. Ma è al contempo una storia dell’ebraismo Italiano – spiega Di Porto – Rodi era dal 1912, e più compiutamente dal 1920, un possedimento italiano, tanto che sull’isola c’era un collegio rabbinico Italiano e la comunità di Rodi era in contatto con le Comunità ebraiche italiane. Il controllo del fascismo era particolarmente pervasivo: anche prima delle leggi razziste del 1938, i cittadini erano controllati capillarmente. Dopo l’8 settembre del 1943, l’isola passò sotto il controllo tedesco. In un primo momento, non toccarono gli ebrei dell’isola, probabilmente per ragioni logistiche. Ad agosto del 1944, con una sola grande retata, li catturarono e deportarono praticamente tutti, con la complicità delle autorità italiane, che consegnarono le liste. E’ incredibile pensare che all’inizio del ‘900 c’erano quasi 5.000 ebrei a Rodi, un numero che ne farebbe oggi la seconda comunità ebraica italiana».
Un romanzo e un documentario
Di Porto porterà in Sala Carmi due lavori frutto delle sue ricerche nell’Isola del Mediterraneo. Uno di questi è il romanzo storico Una voce sottile (edito da Giuntina): ambientato negli anni trenta del Novecento attraverso un’accurata ricerca storica racconta la storia di suo nonno, Salomone Galante, sopravvissuto alla deportazione, e ricostruisce la storia, la vita, le tradizioni, di questa comunità.
Il secondo contributo è il documentario I figli del vento (durata di 37 minuti). Realizzato per Sorgente di Vita da Marco Di Porto, con la regia di Massimo Gabrielli, in occasione dei settant’anni dalla deportazione, racconta la storia della Comunità e dei cinque giorni in cui diverse centinaia di discendenti si sono ritrovati per la prima volta tutti insieme sull’isola. Persone giunte dai quattro angoli del pianeta per conoscere e ricordare quel luogo della propria memoria familiare spazzato via nella Shoah. “Nei discendenti degli ebrei di Rodi c’è questo forte sentimento di appartenenza – continua Di Porto –sebbene la comunità sia stata cancellata, è rimasta per i discendenti un luogo mitico, ne hanno conservata una memoria quasi ancestrale. Un sentimento che ha dato a loro la forza di ritrovarsi, di ricongiungersi, per fare sì che quella storia non venga dimenticata.