Pittori valenzani: Stanchi e Borio
La pittura e l'oreficeria, binomio inscindibile nella vita dei due artisti
VALENZA – Luigi Stanchi è stato un celebre pittore locale, ma si esprimeva anche come cesellatore e incisore, un maestro per gli orefici valenzani del Novecento. Ha insegnato disegno a generazioni di valenzani e per quattro decenni è stato docente nelle diverse scuole valenzane a orientamento professionale. Fu anche un personaggio popolare di rilievo.
La sua pittura si può comparare ai post-impressionisti francesi e ad alcuni famosi pittori italiani come Morandi, Casorati e Carena. Libere e naturali, le sue composizioni vanno dai ritratti alle nature morte e alla figurazione del paesaggio valenzano dove le luci e le ombre diventano mezzi importanti per sottolineare la plasticità e la ricerca dell’equilibrio. Alcune splendide opere lasciano chiaramente intendere di appartenere al raffinato mondo della grafica.
Luigi Stanchi nasce a Valenza nel 1901. Frequenta le scuole elementari e tecniche nella stessa città. Dal 1919, è iscritto all’Accademia Albertina, dove esce diplomato nel 1922. Nei laboratori orafi di valenza svolge attività di cesellatore e incisore e, nel 1923, inizia la sua lunga professione di insegnante rivolta alla formazione degli orafi, servendo sempre l’aspetto artistico classico con determinismo ferreo di fronte agli smottamenti della moda. Dirige prima la scuola serale comunale di disegno fino al 1942, poi è insegnante nell’avviamento professionale statale fino al 1950, quando partecipa con vitalismo alla fondazione dell’Istituto Professionale Cellini, diventandone professore e, poi, anche vicepreside fino al 1971.
Con attivismo e dignità cattolica, ha messo al servizio della politica locale il suo pensiero cristiano. È importante sottolineare che durante il fascismo egli subisce un certo ostracismo dal regime. Espose le sue opere all’interno di molte mostre personali e partecipò a molte mostre collettive: 1930 e 1937 Permanente di Milano; 1940 Angelicum di Milano; 1948, 1950 e 1952 Premio Città di Alessandria; 1960 Collettiva Nazionale della Permanente a Milano; 1963 Palazzo Reale. Al Circolo Libertas di Valenza, da lui molto frequentato, espone con mostre personali nel 1966 e nel 1979 e partecipa ad alcune mostre collettive. Il Centro Comunale di Cultura di Valenza organizza una mostra personale nel 1991 e una retrospettiva nell’anno successivo alla sua scomparsa. Muore novantenne nel 1991.
Mario Borio è stato un abile orefice, ma anche un considerevole pittore, astigiano di nascita (1907) e valenzano di adozione. Lavora nell’oreficeria ad Asti, ma poi, nell’immediato dopoguerra, si trasferisce a Valenza, dove esercita subito in alcune celebri aziende locali. Poco più tardi, in società con i Fratelli Aviotti, dà vita a una azienda che darà lavoro a ben quaranta operai, che la dice lunga sul talento lavorativo del nostro. Ma Borio coltiverà sempre anche la sua passione per la pittura, rappresentando soprattutto paesaggi della campagna locale, eseguendo le opere sul posto, soprattutto tra le colline del Monferrato e intorno a Valenza. Dipinge la natura con un senso del minuto, con l’attenzione al particolare che richiama il suo mestiere di orafo e con l’ampiezza del taglio del quadro e della pennellata disinvolta che gli viene da una formazione figurativa e impressionista, caratterizzata da paesaggi segnati con colori pieni di una carica emotiva prodotte da cromie calde e terrose, osservando gli effetti della luce e delle ombre e sull’impressione del momento.
L’incontro tra le due arti, quella orafa e quella pittorica, gli farà produrre anche pregiati piccoli lavori di smalto su rame raffiguranti gli amati paesaggi o intimi ritratti familiari, in cui la materia si faceva più limpida e luminosa, tutta rialzata di tono, senza perdere quell’atmosfera del dipinto a olio. Nei suoi smalti supera quelle particolari difficoltà tecniche che aveva nella rappresentazione in piccoli spazi, soprattutto nei temi umani dove l’uso del dettaglio è l’aspetto fondamentale dell’opera.
Ebbero grande successo le mostre personali a Forte dei Marmi, ad Asti e al Valentia. Nel 1991, a tre anni dalla morte, il Centro Comunale di Cultura di Valenza ha organizzato una mostra personale di una trentina di sue opere, con una buona riuscita.
Ottimista, idealista a trazione pseudo-progressiste, nonostante il successo non ha mai pensato alla fama a dedicarsi esclusivamente alla pittura, perché aveva un’altra grande passione, molto comune tra i valenzani: l’oreficeria.