«Le donne in politica sono poche»: la riflessione del Pd
La nota firmata dalla commissione pari opportunità del circolo dem casalese
CASALE – «Il cantiere delle pari opportunità non è ancora chiuso: le donne in politica sono poche. Nella nuova Giunta regionale le donne sono sottorappresentate (ne sono state nominate soltanto due)» parte così la riflessione della commissione pari opportunità del circolo Pd di Casale formata da Gabriella Bozzo, Ornella Caprioglio, Maria Fiore, Khadir Amel, Cinzia Mariuzzo, Mirella Ruo, Marzia Schillaci, Rita Schipani.
Continuano le esponenti dem: «Nelle elezioni politiche del 2022 le elette in Parlamento sono state soltanto il 33%, in netta diminuzione rispetto alle legislature precedenti (tra il 1996 e il 2018 l’andamento era in crescita) e in quasi tutti i gruppi parlamentari gli uomini sono maggiormente rappresentati, come se la figura maschile fosse sinonimo di maggior credibilità politica. Pensiero che probabilmente attraversa l’intera società e anche i partiti politici.
Per incentivare la presenza femminile in campo politico sono stati introdotti dei meccanismi di alternanza di genere all’interno delle liste, ma questi criteri vengono annullati in parte dalle pluricandidature, come spiegato dall’ articolo di Openpolis del 27 ottobre 2022, aggirando così in concreto le quote di genere. Con le pluricandidature di una donna, lei potrà essere eletta solo in un collegio, mentre negli altri dovrà lasciare il posto al secondo in lista, che sarà un uomo.
La legge 56/2014 stabilisce che “nelle Giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%”. Nei Consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico, in base alla Legge 120/2011, “1/5 dei membri deve essere rappresentato dalle donne”.
Una delle conseguenze della diminuzione della rappresentanza femminile è l’abbandono al diritto di voto da parte di sei donne su dieci, come avvenuto alle scorse elezioni europee. La rinuncia al diritto appare sempre come una limitazione alla democrazia partecipata.
Un potenziale motivo di questo allontanamento dalla politica potrebbe derivare dal fatto che nella quotidianità e negli ambiti in cui operano le donne stentano ad essere riconosciute per le loro capacità e sono tenute ai margini delle decisioni importanti e condivise».
Prosegue il ragionamento: «Numerosi studi recenti su donne e politica (vedi articolo Un. Bocconi Maddalena Matrone e Giulia Savio) sottolineano i benefici della rappresentanza bilanciata per genere dove l’elezione di donne porta ad una migliore selezione sia di donne sia di uomini, con un livello medio di competenze più alto.
Viene segnalato come le donne abbiano preferenze sociali differenti da quelle maschili, in quanto prediligono una maggior redistribuzione della ricchezza e vorrebbero indirizzare la spesa pubblica su settori come la salute e l’ambiente. Bisogna sottolineare come le donne non si interessino solo di asili nido, scuola e consultorio, ma abbiano la flessibilità e la capacità di spaziare in argomenti come l’economia, i trasporti, il lavoro e la sicurezza.
L’esperienza politica intesa come l’interesse verso i bisogni della società spinge il genere femminile a integrare le differenze di visione, di stile e di comunicazione al fine principale di ottenere obiettivi utili per la comunità di cui si occupano, costruendo reti solidali. In tal senso le donne sono più collaborative, meno corruttibili e più responsabili nei confronti del ruolo che ricoprono.
Un aspetto importante della leadership femminile in politica riguarda l’aspetto delle dimissioni. L’articolo dell’Università Bocconi citato ricorda i casi della prima ministra neozelandese e di quella scozzese che alcuni anni orsono si sono dimesse dal loro incarico per motivi diversi, ma le loro dimissioni hanno rappresentato un nuovo modello di leadership.
Le donne sanno rinunciare al loro potere quando pensano di aver fatto abbastanza e hanno concluso il loro contributo e questo rappresenta una prova di grande maturità, di senso di responsabilità, di onestà intellettuale rispetto al ruolo ricoperto e alla società».
La conclusione: «Questo contributo potrebbe essere un primo pensiero per mettere in luce la condizione politica della donna.
Poterne parlare e integrare le opinioni può innescare strategie virtuose al cambiamento, creando le basi sociali per una vera partecipazione di tutte, partendo dalle singole cittadine fino ai grandi partiti».