Eternit Bis: «Ergastolo per Schmidheiny, sapeva che di amianto si muore»
Le richieste della Procura alla Corte d'Assise d'Appello. Si tornerà in aula mercoledì
TORINO – Si è conclusa mercoledì 20 novembre, dopo due udienze, la lunga requisitoria della Procura al processo Eternit Bis, oggi in secondo grado di fronte alla Corte d’Assise d’Appello di Torino. I Pm Sara Panelli, Gianfranco Colace e Maria Giovanna Compare hanno chiesto nuovamente l’ergastolo per il magnate svizzero Stephan Schmidheiny.
L’imputato era stato condannato in primo grado a 12 anni di carcere per omicidio colposo aggravato di 147 vittime dell’amianto. Imputato per la morte di 392 casalesi, la Corte d’Assise di Novara con la sentenza del giugno 2023 aveva riqualificato il reato da omicidio volontario con dolo eventuale a, appunto, omicidio colposo aggravato. Per molti dei casi a processo era scattata la prescrizione (199), mentre per altri 46 lo svizzero è stato assolto. La Procura è ricorsa in appello.
Le motivazioni dei Pm
Durante le scorse udienze, i Pm hanno spiegato i motivi di impugnazione della sentenza di primo grado, chiedendo alla Corte d’Assise d’Appello che all’imputato venga riconosciuto il dolo e che tutti i 392 casi siano riconosciuti come mesoteliomi e quindi vittime dell’omicidio contestato.
Per la Procura infatti Schmidheiny era consapevole della situazione all’interno dello stabilimento di Casale, così come della grave esposizione ambientale del territorio circostante. Punto chiave delle motivazioni dei Pm sarebbe proprio la conoscenza che già all’epoca lo svizzero aveva sulla pericolosità dell’amianto: «Schmidheiny sapeva che di amianto si muore, ma decise di esistere a ogni costo. L’obbiettivo era il profitto».
Al termine dell’udienza sono intervenuti i primi legali di parte civile, gli altri saranno ascoltati in aula mercoledì 27 novembre. Al termine, la parola alla difesa di Schmidheiny, con gli avvocati Guido Carlo Alleva e Astolfo Di Amato.