Accesso ai nidi: la replica dell’assessora non convince Deambrogio
«Restano discriminazioni per precari e genitori separati» spiega il segretario del Prc
CASALE MONFERRATO – La risposta dell’assessora Irene Caruso sulle critiche ai nuovi criteri di accesso ai nidi d’infanzia comunali ha rafforzato le contestazioni del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea.
«Le dichiarazioni dell’assessora non fanno che confermare le nostre preoccupazioni», ha affermato Alberto Deambrogio, segretario piemontese del PRC-SE. «Si continua a penalizzare alcune categorie sociali, soprattutto lavoratori precari e genitori separati».
Punteggi penalizzanti per i precari
Uno dei punti più contestati riguarda la differenza di trattamento tra chi ha un contratto di lavoro stabile e chi invece vive in una condizione di precariato. «L’assessora non ha risposto alla nostra obiezione», prosegue Deambrogio. «Perché chi non ha un lavoro stabile deve essere svantaggiato nell’accesso ai nidi? Chi fatica a far quadrare il bilancio familiare dovrebbe avere un sostegno maggiore, non ulteriori ostacoli».
L’esponente di Rifondazione sottolinea inoltre che, sebbene si sia superata la categoria di «lavoro saltuario», la disparità tra contratti a tempo indeterminato e altre forme di impiego rimane e rappresenta un problema concreto per molte famiglie.
I genitori separati fuori dalle categorie prioritarie?
Un altro nodo critico è legato ai genitori separati, che nel nuovo regolamento non rientrano più tra le categorie con accesso prioritario ai nidi. «L’assessora cerca di spostare l’attenzione sui casi di affido esclusivo a un solo genitore, che sono minoritari», attacca Deambrogio. »Ma il vero problema riguarda le famiglie con affido congiunto, che sono la maggioranza. Non riconoscere le difficoltà che questa situazione comporta significa ignorare le esigenze reali dei bambini».
Prc: «Serve una mobilitazione»
Il PRC ribadisce dunque la propria opposizione ai nuovi criteri e invita le famiglie a far sentire la propria voce. «Non bisogna subire in silenzio», conclude Deambrogio. «Di fronte a un’ingiustizia, la risposta deve essere la lotta collettiva per il riconoscimento dei propri diritti».