Weapons
Zach Cregger, già apprezzato regista di "Barbarian", suo film d'esordio, propone un nuovo horror avvincente e sincopato, con risvolti sociologici
«È un film molto personale», spiega Zach Cregger – classe 1981 – nel corso di una recente intervista a “Best Movie”. «Mentre stavo finendo di girare “Barbarian”, ho vissuto una tragedia e mi sono trovato in un momento molto cupo, brutto e deprimente della mia vita. […] Ho decido di scrivere di getto, proprio per esternare e mettere nero su bianco determinate emozioni che provavo. È stato un modo per non cadere nel torpore. L’idea di questi ragazzi che scappano di casa e di una comunità che si trova a dover fare i conti con questa perdita mi sembrava qualcosa che io stesso stavo provando proprio in quel momento».
Un inquietante “small town movie”
Zach Cregger entra nel mondo del cinema da un ingresso del tutto laterale: al college, insieme a dei compagni di campus, fonda un gruppo di commedianti con il quale inizia a creare sketch umoristici, cimentandosi nella stand-up comedy. Da lì alla partecipazione a sit-com televisive il passo è breve, anche se Cregger coltiva per sua stessa ammissione fin da ragazzino una velata attrazione per le atmosfere gotiche e l’horror: inclinazione che lo spinge – nel 2022 – a cimentarsi con “Barbarian”, la sua prima regia (protagonisti Georgina Campbell, Bill Skarsgård e Justin Long) e il suo ingresso ufficiale nel variegato universo dei cineasti che giocano sul grande schermo con le paure più ataviche e profonde di ciascuno di noi.
Innamorato anche dei luoghi e delle atmosfere delle piccole città della provincia americana, dopo avere ambientato la sua opera prima a Detroit, Cregger sceglie come sfondo della sua nuova incursione nell’horror la città di Atlanta, che ben si presta per conformazione a riprodurre le sembianze di Maybrook in Pennsylvania, località protagonista di una storia maledetta. Una vicenda inquietante che prende le sue mosse dalla sparizione di diciassette dei diciotto alunni di una classe della scuola elementare, condotta dalla maestra Justine Gandy (Julia Garner).
Sparizione che misteriosamente avviene in contemporanea per tutti i bambini, usciti di casa nel cuore della notte, alle 2.17. La detection in chiave horror inizia qui, da chi scompare e viene ricercato invano, ma, soprattutto, da chi resta, tra cui la maestra stessa, Archer (Josh Brolin), il padre di uno dei bambini, e Alex Lilly (Cary Christopher), l’unico ragazzino superstite. «Mentre scrivevo avevo in mente l’Ohio, con quei grandi quartieri pianeggianti, il ritmo calmo della vita», racconta ancora Cregger a “Best Movie”. «Per via, però, degli incentivi fiscali, dello spazio concesso dallo Studio e delle ottime troupe che vivono ad Atlanta, abbiamo deciso di girare laggiù».
Weapons si pone, non a caso, sulla scia degli “small town movies” (di cui un esempio emblematico per gli anni Cinquanta è “L’invasione degli ultracorpi” di Don Siegel), film ambientati nell’America suburbana, rurale, che da decenni accoglie il bacino di popolazione migrata dal sovraffollamento delle grandi città alla ricerca di una vita più tranquilla e a misura d’uomo.
È proprio qui – come ci narra anche “Weapons” – in un contesto in apparenza lontano dalle crudeltà e dal cinismo della metropoli, che a sorpresa può germinare il seme del male o manifestarsi irrazionalismo, preconcetti, odio per tutto ciò che non rientra nelle categorie di costume e pensiero più tradizionali. Tutto questo è esemplificato, nel film, dal trattamento riservato alla maestra Justine, con un passato di alcolista alle spalle, dalla comunità locale dopo la sparizione dei suoi allievi o al tossicodipendente James (Austin Abrams) dall’agente di polizia Paul Morgan (Alden Ehrenreich).
Da “Shining” alle fiabe russe
Sia a livello narrativo che visivo “Weapons” attinge – per stessa ammissione del regista – a un immaginario cinematografico e archetipico davvero notevole e variegato: da “Shining”(1980) del maestro Stanley Kubrick a “La casa 2” di Sam Raimi del 1987 («…ero ossessionato da Stanley Kubrick e da “Shining” e adoravo “La casa 2”, per l’originalità di ogni inquadratura»), da “Magnolia” di Paul Thomas Anderson (1999), di cui riprende la scansione temporale che getta ogni volta una luce diversa sull’oscura vicenda, a “Il mistero della donna scomparsa” di George Sluizard (1988).
Ulteriori riferimenti cinefili sono quelli al tragicomico “Il cameraman e l’assassino” diretto da Rémy Belvaux, André Bonzel e Benoît Poelvoorde (1992); oltre che ad “Audition” di Takashi Miike (1999) e all’iconico “Seven” per la regia di David Fincher («Avevo sette anni quando uscì. È il film che ha cambiato la mia vita. Da quel momento ho voluto diventare un regista che faceva film strani e cupi»).
In ultimo, tra le sue pellicole fonte d’ispirazione Cregger cita anche il fortunatissimo “Scappa-Get Out” di Norman Peele (2017) e l’altrettanto fondativo “Ereditary” di Ari Aster (2018). Noi aggiungiamo alla lunga lista anche “Rashomon” di Akira Kurosawa (1950), pur nel ribaltamento dell’assunto di base per cui ogni personaggio del capolavoro del cineasta giapponese porta in dote una visione differente, ostacolando l’emersione di una verità comune; in “Weapons”, al contrario, ogni visione prospettica sull’accaduto contribuisce a ricomporre i tasselli di un quadro altrimenti confuso. Sembra, invece, attingere direttamente al folklore slavo con le sue spesso sinistre fiabe l’eccentrica figura di Gladys (Amy Madigan), la prozia di Alex temporaneamente ospite nella casa in cui vive con i suoi genitori: molto simile alla terribile e mortifera Baba Yaga, come lei dotata – tra gli altri strumenti venefici – di pestello e mortaio, la donna è ” l’anello forte” attorno a cui ruota l’angosciante plot.
L’eccentrica zia Gladys (Amy Madigan) del film
Un titolo enigmatico
Sull’enigmatico titolo del film – mantenuto intatto rispetto l’originale anche nella versione italiana e che ha destato parecchi interrogativi (la tradizione alla lettera suona come “armi”) – Cregger sottolinea: «…credo che il bello di Barbarian fosse che le persone potessero decidere da sole il significato di quel titolo. Per questo film, Weapons, per me il significato è molto chiaro e sono sicuro che molte persone lo capiranno immediatamente. Sono altresì convinto del fatto che molte altre persone avranno interpretazioni differenti. E a me sta bene così. È quello che voglio».
Senza voler sottrarre a chi legge il piacere di scoprire da sé il possibile significato del titolo, suggeriamo di fare attenzione al modo in cui vengono usati i protagonisti di Weapons, alla loro funzione strumentale. I primi su cui concentrare lo sguardo sono proprio i bambini scomparsi nel nulla, cristallizzati in una sequenza notturna assai efficace dal punto di vista estetico, come ricorda Cregger: «Partiamo dal fatto che adoro la notte, specialmente gli scorci di periferia, della campagna. Penso che ci sia un potenziale enorme, cinematograficamente parlando, nel far vedere le periferie di notte. Adoro il fotografo Gregory Crewdson, che nelle sue mostre ritrae enormi paesaggi notturni delle periferie americane».
In ultima analisi, “Weapons” è un horror riuscito e convincente, adrenalinico, molto ben fotografato (da Larkin Seiple, già impiegato nel 2022 in “Everything Everywhere All at Once”, vincitore di sette premi Oscar) e scandito nella struttura narrativa, che sa coniugare la tradizione propria del genere con la modernità: con, ulteriore freccia al suo arco, l’innesco di una riflessione neanche troppo velata sulle piccole città di provincia, sui temi del pregiudizio, dello stereotipo e dello stigma sociale, della reazione dell’uomo comune di fronte a ogni tipo di alterità o di evento inspiegabile che arriva a perturbare il quotidiano. Peccato per alcune ingenuità di fondo nel trattamento della storia, nell’uso di effetti orrorifici ormai già troppe volte visti al cinema e per quel finale risolutorio ma talmente insistito nella reiterazione di urla, strepiti, scivolamento nell’Apocalisse zombie da risultare involontariamente comico.
“Weapons” (id.)Origine: USA, 2025, 128′
Regia: Zach Cregger
Sceneggiatura: Zach Cregger
Fotografia: Larkin Seiple
Musica: Zach Cregger, Hays Holladay, Ryan Holladay
Cast: Josh Brolin, Julia Garner, June Raphael, Amy Madigan, Benedict Wong, Austin Abrams, Alden Ehrenreich, Toby Huss, Melissa Ponzio, Jaymes Butler, Luke Speakman, Cary Christopher
Produzione: BoulderLight Pictures, New Line Cinema, Vertigo Entertainment
Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia