«Andando in Inghilterra a lavorare su un Banksy sono finito in cella!»
Disavventura a lieto fine per il casalese Guido Costanzo
CASALE – La prospettiva era quella di una ‘zingarata’ decisamente memorabile, un viaggio in Inghilterra da poter raccontare negli anni, un po’ per l’avventura in sé, un po’ (soprattutto) per il motivo della trasferta, la rimozione in tutta sicurezza (per poi poter essere venduto) di un graffito del celebre writer inglese Banksy: “Achoo”, situato sulla parete di un edificio a Bristol. Le cose però non sono andate per il verso giusto al corniciaio casalese Guido Costanzo che, seppur per pochi lunghissimi minuti, è addirittura finito dietro le sbarre di una cella.
Il 53enne era stato invitato a partecipare alla trasferta dall’amico restauratore di Ozzano Federico Borgogni che già si era occupato nel 2018 di rimuovere ‘Gorilla mascherato’ dello stesso artista, così come si fa con gli affreschi.
Borgogni aveva perciò contattato Costanzo perchè bisognoso di un compare fidato per lavorare al meglio.
I due, che spesso lavorano insieme, si mettono in viaggio il 16 febbraio scorso a bordo di un furgone. Con loro tutto il necessario per un intervento stimolante – per la fama del grande artista e per il valore che hanno le sue opere – ma anche piuttosto complicato.
Il viaggio prosegue senza intoppi fino a Calais: «Abbiamo passato senza problemi la frontiera francese, ero tranquillo, avevo con me il passaporto e credevo, sbagliando, che non servisse altro – racconta Guido – I problemi sono sorti al passaggio di quella inglese. Non avevo il visto e non mi hanno fatto passare» racconta prima di addentrarsi in quella che è stata una piccola Odissea.
(Guido Costanzo)
«Nonostante Federico facesse un po’ da interprete io che non parlo inglese facevo fatica a capire, non sapevo che ora, con la Brexit, servisse un visto per l’Inghilterra, al viaggio mi ero preparato in fretta. Mi hanno schedato, fotografato, mi hanno perquisito e, dopo diverse domande – in cui ci siamo aiutati con il traduttore del telefono e in cui abbiamo spiegato chi eravamo e dove eravamo diretti – mi hanno messo in cella!». Fortunatamente Guido ci ha trascorso solo un’ora o poco più e, racconta, gli agenti di frontiera sono sempre stati piuttosto gentili e comprensivi con lui: «Hanno capito che eravamo due pirla e non due criminali. Anche quando ero in cella ad attendere mi continuavano a chiedere se avessi bisogno da bere o da mangiare».
A Federico Borgogni è stato consentito di proseguire il viaggio (e ora, vista la complessità dell’intervento, è ancora a Bristol a lavorare). Lui aveva l’incarico per il Bansky. A Guido, una volta liberato (completate le verifiche l’impressione degli agenti che non fosse un criminale è stata confermata), non è restato altro che provare a tornare a casa e, dulcis in fundo, non è stato facile nemmeno questo visto che era rimasto a piedi in piena pandemia. Ci ha messo ben tre giorni soggiornando in albergo a Calais, per l’Italia non c’erano treni che venerdì 19 quando, in serata, è riuscito a rincasare.
«Non posso dire di essermi spaventato ma molto dispiaciuto sì, in fin dei conti è strano che non mi sia stato possibile proseguire un viaggio di lavoro in nessun modo. La legge è questa però, e gli agenti hanno fatto il loro lavoro. Quello che è certo è che non guarderò mai più un extracomunitario alla frontiera con gli stessi occhi. Ci si sente confusi, in balia di burocrazie sconosciute, smarriti».