Il ricordo di Enrica Morbello Core: «Partigiana di ogni tempo»
La cerimonia quest'oggi in Comune a Casale
CASALE – «Quello che vedo qua oggi è amore, qualcosa che rimane e non se ne va». Poche parole, pronunciate dalla figlia Fernanda, e che riassumono perfettamente l’ultimo saluto che non solo il Monferrato, ma tutto il Piemonte, ha voluto dare a Enrica Morbello Core, partigiana e figura di spicco della politica casalese scomparsa lunedì a 99 anni. Nella camera ardente allestita nella Sala Consiliare di Palazzo San Giorgio era presente infatti anche una delegazione del Comune di Condove, tra le cui montagne in Val Susa aveva combattuto nella guerra di Liberazione con la sua brigata, insieme a figure politiche, ai rappresentanti dell’Anpi e alle numerose persone che ha avuto modo di conoscere nella sua lunga vita. (GUARDA QUI LE IMMAGINI).
Perchè con ‘Fasulin‘, questo il suo nome di battaglia nella 114° Brigata Garibaldi, se ne è andato non solo un simbolo della resistenza italiana ma anche una delle ultime testimonianze dirette di quei momenti colmi di paura e coraggio. Perchè il contributo che Enrica Morbello ha dato all’Italia non si ‘limita’ a quello fornito in trincea nelle montagne piemontesi, ma si estende anche e soprattutto ai tantissimi anni dedicati a tramandare dei suoi ricordi alle nuove generazioni.
E anche chi non ha avuto il piacere di conoscerla ha potuto toccare con mano quanto sia stata importante per Casale e per tutta l’Italia: «Dobbiamo ringraziarla perchè grazie a lei il nostro Paese ha riconquistato la sua dignità» le parole del neo prefetto di Alessandria Francesco Zito. «Ha messo a repentaglio la sua incolumità e quella dei suoi cari per il bene comune. Il suo esempio resta immortale» l’ha ricordata il sindaco Federico Riboldi. «Per ogni 25 aprile è stata una testimonianza in carne e ossa. Non era una persona istituzionale, era un’istituzione» ha detto commossa Daria Carmi dopo la quale è intervenuto, anche se indirettamente, Gad Lerner con un messaggio letto dal presidente dell’Anpi casalese Gabriele Farello: «Dobbiamo tanto alla sua lunga testimonianza». Sempre per la stessa associazione è intervenuto poi il segretario della provincia alessandrina Roberto Rossi: «Una donna che ha fatto le sue scelte e sono conseguite nel tempo».
(L’orazione ufficiale di Sergio Favretto)
In rappresentanza di Condove erano presenti l’ex sindaco Barbara Debernardi e l’attuale primo cittadino Jacopo Suppo: «Tocca a noi raccogliere il suo testimone». Nel mezzo un intervento anche di una rappresentanza dell’Anpi di Novara e del gruppo teatrale ‘Le Resistenti’ prima del ricordo affettuoso della figlia: «Era una grande pittrice, una splendida cuoca, ma una pessima casalinga – con un sorriso che intervalla la commozione – Lei e mio papà erano persone pubbliche ma tutto quello in cui credevano lo hanno trasmesso anche a me»
Prima che il feretro venisse trasportato al tempio crematorio di Valenza, c’è stato spazio per l’orazione ufficiale dello storico Sergio Favretto: «Così come faceva quando dipingeva, anche io vorrei dare qualche ‘pennellata’ del suo vissuto. La sua vita presenta molte assonanze con la storia della Liberazione, il suo cuore antifascista si è formato in pianura, in Monferrato, e si è consolidato tra le montagne della Val di Susa. Fu una delle poche presenza femminili, ma lei, insieme alle numerose mamme dei partigiani che aiutarono l’informazione partigiana, fu importantissima. E la ‘nostra’ Resistenza ha dato tanto anche ad altri territori, fino ad arrivare al sud Italia, così come lei ha contribuito a unire le persone con i suoi racconti. Citando Beppe Fenoglio, lei è una partigiana ‘in assoluto’, senza storia e tempo. Una partigiana di ogni tempo». Un minuto di silenzio e gli alpini che intonano a squarciagola ‘Bella Ciao’ prima dell’ultimo viaggio di ‘Fasulin’: un pezzo di storia monferrina, piemontese e italiana.
L’orazione di Sergio Favretto
Per ricordare Enrica Morbello Core
Quando si ricorda una persona che non c’è più, ritornano molti fatti, incontri, momenti felici e significativi. Tutti noi oggi accompagnamo la partigiana Enrica con un pezzo di vita, di contatto, di relazione; con tanto affetto e riconoscenza.
In 99 anni Enrica ha dato e detto molto alla famiglia, ha costruito e ha lasciato molto anche alla sua città e a ciascuno di noi.
Era nata a Casale e oggi ci lascia qui, a Casale.
Ha combattuto e testimoniato la Resistenza in Val Susa, a Condove, ad Avigliana, sul Col de Lys fra le montagne piemontesi e fra le nostre colline. Ma il suo cuore e pensiero antifascista si sono formati in famiglia, qui nel Monferrato.
Ricordo benissimo quando mi narrò come, dopo l’8 settembre, si fece promotrice di ospitare i militari in fuga in casa sua e nel laboratorio di papà o nelle abitazioni di corso Valentino, chiedendo casa per casa indumenti civili e nascondiglio, rischiando i controlli dei tedeschi; quando vide più volte dalla sua finestra i fascisti che conducevano dal carcere di Casale all’ospedale i medici fratelli Angelo e Giovanni Guaschino e poi li riportavano in carcere, per costringerli a rivelare la formazione del partigiano Gerardo Guaschino; quando incontrò lo scrittore Cesare Pavese in treno, nel tratto Asti-Casale e scambiò poche parole, ma intensi sguardi; quando si prodigava per mantenere i contatti fra partigiani della città e della collina; quando seguì con coraggio il marito Secondo Core Dino in Val Susa, condivise il rischio della lotta partigiana con un ruolo attivo ed intelligente; quando promosse l’antifascismo in fabbrica e fra le montagne, ingannando tedeschi e fascisti con espedienti che solo uno spirito intraprendente avrebbe potuto inventare.
Enrica narrava e ricostruiva, con animo gentile e fermezza nelle convinzioni. Nessuna retorica o enfasi.
Solo verità e storia. La sua esperienza di vita ebbe una seconda fase, non sempre agevole e piana, dopo la Liberazione, perchè l’Italia intera ebbe mille difficoltà a decollare come compiuta democrazia. Enrica non si è mai sottratta all’impegno sociale e pubblico, all’interno dell’ANPI e del consiglio comunale, dell’associazionismo e dei movimenti femminili e culturali. Enrica parlava con i ricordi, ma anche con i suoi dipinti, con l’arte che amava e della quale andava fiera.
Vorrei ricordare a tutti noi che ogni persona è irripetibile, unica, perchè è la risultante di una vita, di mille esperienze, di mille impegni e di relazioni; è frutto di crescita, di volontà applicata, di eventi fortunati ed altri meno fortunati, ma soprattutto è frutto di ideali perseguiti e convinzioni coltivate.
Il merito di un approccio storico è quello di contestualizzare una vicenda vissuta nei tempi e luoghi che l’hanno contraddistinta.
Enrica è stata protagonista diretta, qui nel Monferrato prima e poi in Val Susa in montagna, della lotta antifascista e della Resistenza. Non tutti avevano il coraggio di scegliere, specie fra le donne, per troppi decenni asservite a logiche marginalizzanti. Enrica si espose in mesi difficili, portò le proprie preziose tessere al complessivo mosaico della Resistenza italiana.
Anche se chiaramente di matrice socialista e comunista, seppe raccordarsi con le altre componenti resistenziali, nella ricerca dell’obiettivo comune della libertà per tutti.
Vi sono nella vita di Enrica alcuni tratti distintivi della Resistenza nel Monferrato. L’antifascismo storico che ha fatto da premessa forte e motivante della scelta resistenziale; la partecipazione delle donne alla Resistenza, come testimoniato dalle coraggiose mamme dei partigiani, dall’esempio di Ernestina Valterza che faceva la staffetta fra le formazioni del Monferrato e del Biellese, dalla partigiana Dea Melotti fra le colline di Grana e Vignale; il contributo diretto dei nostri partigiani alla Resistenza in montagna e nel resto del Piemonte.
Mi soffermo su questo carattere distintivo poco noto: la Resistenza del Monferrato non fu confinata solo in questo territorio, seppe invece coraggiosamente esportare motivazione ed organizzazione.
Enrica e il marito Dino Core lasciarono il Monferrato per combattere nelle Garibaldi in Val Susa; i fratelli Francesco, Bruno e Italo Rossi organizzarono le brigate Matteotti nel canavese; il 29 giugno ‘44 Italo Rossi venne ucciso a Cuorgnè; Francesco Alfieri Greppi di Frassineto Po, alunno del Liceo Classico di Casale, militare, dopo l’8 settembre scelse la Resistenza in Val di Lanzo e rimase ucciso a Usseglio il 27 settembre ‘44; Sergio Morello, ebreo di Casale, fece il partigiano a Castellamonte e qui venne ucciso dai tedeschi e fascisti il 1 maggio del 1945; Eusebio Giambone, nato antifascista nella sua Camagna, operò a Torino nel CLN militare piemontese e venne ucciso dai fascisti al Martinetto il 5 aprile del 1944.
Proprio la tensione ideale aperta e positiva ha sempre segnato la presenza pubblica di Enrica in questa città.
Dalla sala del Consiglio Comunale alle centinaia di aule scolastiche o sale convegni frequentate in decenni, Enrica ha proposto testimonianze e pensieri chiari, innovatori, dialoganti. Ebbe sempre un concetto alto della Resistenza; non solo sommatoria di gesti e risultati, di organizzazione partigiana e di conflitto con la RSI e con i tedeschi occupanti, ma come rivolta del popolo italiano contro un regime e contro la violenza subita per troppi decenni.
Testimoniò sempre la Resistenza non solo per quello che fu, ma per quello che poi diventò e cioè uno stacco netto rispetto al prima e verso un domani completamente nuovo. Qui sta la radice profonda dei valori resistenziali, valori fondanti del nostro vivere.
Enrica “fasulin” ha bene interpretato la perenne figura del partigiano evocato sempre nelle opere di Beppe Fenoglio, un partigiano senza tempo e luogo, un partigiano di ieri, di oggi e per sempre. Un partigiano dentro, non solo per ciò che ha fatto, ma perchè lo ha fatto e per chi: per la libertà. Certamente, al sommo della collina della memoria e della storia, resterà un partigiano.
Ricordo una frase molto bella che Enrica mi disse proprio in questa sala, in occasione di un evento: “Qui si fa politica e amministrazione per tutti i cittadini, non solo per una parte…come noi partigiani abbiamo combattuto per tutti…non solo contro una parte”.
L’ultima lezione di Enrica, è qui oggi. Nella sede del Comune, con bandiere e memorie vive, persone convinte: ci incarica di proseguire e di riavvivare sempre l’impegno pubblico, con coraggio e autonomia, perchè lo chiedono i nostri partigiani e lo chiede la nostra Costituzione.