«L’architettura? Non basta studiarla, bisogna saperla vedere»
Luigi Prestinenza Puglisi ospite dell'istituto casalese
CASALE – Lo scorso venerdì gli studenti dell’istituto Leardi hanno partecipato alla lectio magistralis in video conferenza dell’illustre architetto Luigi Prestinenza Puglisi, saggista, critico (tra i più attivi in Italia) e docente di Architettura all’Università “La Sapienza di Roma”.
Un evento dall’alto profilo culturale intitolato “Saper vedere la storia dell’architettura” in onore del libro di un grande critico come Bruno Zevi e per spiegare un concetto fondamentale: «Studiare l’architettura, con le immagini presenti sui libri non basta – ha spiegato nella sua introduzione Aberto Olmo, docente del Leardi – è necessario fare ricerche, andare in profondità, saperla vedere e sentire. Con gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione è possibile disporre risorse quanto mai preziose per chi, come me, fa parte di questo mondo e per chi in futuro deciderà di approcciarsi».
Prestinenza ha fatto da guida in un breve viaggio nella storia professionale e privata, con aneddoti e curiosità, dei più grandi architetti della storia, facendo anche riferimento il suo ultimo saggio “Storia dell’architettura 1905-2018”.
Tra la narrazione delle passioni politiche (e non solo) di Le Corbusier, passando per l’esperienza del Bauhaus nella Repubblica di Weimar, arrivando al carattere tutt’altro che appetibile di Frank Lloyd Wright (autore della celeberrima “Casa sulla cascata”), il messaggio che il saggista ha fatto trapelare è arrivato forte e chiaro: «La storia è un grande calderone da cui attingere continue informazioni per mettere in discussione convinzioni che sembrano consolidate. Tutto può essere rivisto e ritrattato, per questo motivo ho già iniziato a lavorare su un libro che contraddice ciò che ho personalmente raccontato in quello precedente».
Un momento dell’incontro online
«Nella maggior parte dei casi i critici – ha continuato Prestinenza – come si dice dalle mie parti a Catania, sono dei “fetenti”: forniscono visioni e interpretazioni a loro convenienti e non considerano i fatti evidenti che le contraddicono».
Nella conclusione dell’intervento ha poi posto un accento sul ruolo che i social network possono avere in questo senso: «Sono convinto che uno strumento come Facebook possa essere utilizzato come “diffusore” di cultura e storie sull’architettura, anche se per adesso i mei colleghi non sono d’accordo con questa intuizione. Spero, prima o poi, di vincere questa personale scommessa».